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Archive for the ‘IO, CITTADINA/O ITALIANA/O, MI DIMETTO’ Category

Questa la lettera pubblicata sul British Medical Journal, scritta da un gruppo di medici italiani impegnati nella cura dei pazienti affetti da coronavirus.

L’ho tradotta dall’inglese e non sono molto ferrata in materia, ma è comunque ben comprensibile il messaggio.

Il titolo: I medici italiani chiedono di proteggere gli operatori sanitari e di rafforzare la sorveglianza della comunità durante l’epidemia di Covid-19

“Mentre l’Italia sta vivendo una situazione drammatica a causa della diffusione dell’infezione da Covid-19, sembra che possiamo fare di più per proteggere i medici e tutti i lavoratori dell’ospedale, inclusi infermieri, terapisti, tecnici e personale di supporto.

Oltre ai rischi personali che i medici e gli operatori sanitari stanno affrontando direttamente – evidenziati dalla morte del primo medico di medicina generale e delegato nazionale per la formazione medica continua Dr. Roberto Stella a Varese – gli ospedali e il personale medico rappresentano un possibile veicolo di diffusione dell’infezione da Covid-19. [1]

Il New England Journal of Medicine ha affrontato il problema dell’enorme percentuale di soggetti infetti che rimangono asintomatici e il loro ruolo nella diffusione delle epidemie. [1]

Allo stesso tempo, come sottolineato dal direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus, è stato dimostrato che in Cina circa il 41% dei casi di Covid-19 confermati a Wuhan derivava da una trasmissione correlata all’ospedale. [2]

Un modello incentrato sull’ospedale si è dimostrato inadeguato nell’affrontare l’epidemia di coronavirus. In realtà, le epidemie devono essere contrastate attraverso una sorveglianza della comunità ben pianificata a livello locale, identificando e isolando a casa casi sospetti o sintomatici. Ciò è diventato evidente poiché interi ospedali in Italia sono stati chiusi a causa della diffusione dell’infezione tra un certo numero di medici e infermieri.

Al 22 marzo, 4824 operatori sanitari erano stati infettati dal nuovo coronavirus (9% dei casi totali) con 24 medici morti: queste cifre sono peggiori di quelle osservate in Cina (3300 operatori sanitari infetti e 23 medici morti).

Emerge che la protezione degli operatori sanitari è un fattore cruciale sia per il controllo dell’epidemia sia per continuare a fornire tutte le cure necessarie alle persone con infezione da Covid-19, nonché a tutti gli altri pazienti che necessitano di trattamenti a casa o in ambiente ospedaliero. [3]
Oltre a un’adeguata fornitura urgente di dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di abiti monouso, che sono inaccettabilmente ancora carenti nel mezzo delle epidemie, proponiamo di fornire almeno a tutti gli operatori sanitari sintomatici test a risposta rapida – registrati presso il Ministero della Salute italiano – che presentano una capacità del 100% di rilevare casi negativi (altissima specificità) e rendono disponibile il risultato in un tempo compreso tra 15 e 45 minuti, a seconda dei diversi prodotti.

Questi test a risposta rapida dovrebbero essere sistematicamente forniti almeno agli operatori sanitari che mostrano qualsiasi possibile sintomo di infezione da Covid-19 (anche lieve e in assenza di febbre), nonché a coloro che sono noti per essere stati in contatto con casi sospetti o confermati. In questo modo, i servizi sanitari saranno sicuri che il personale con risultati negativi possa iniziare a lavorare in ospedale, ambulatori o strutture di assistenza a domicilio e a lungo termine per anziani e pazienti critici. I test a risposta rapida eseguiti su operatori sanitari devono essere confermati da tamponi faringei (due volte nella stessa settimana) e testati con le metodologie più affidabili basate sulla PCR, i cui risultati vengono generalmente forniti entro 48 ore”.

Di seguito il link per la lettura del testo in inglese.

https://www.bmj.com/content/368/bmj.m1065/rr-5

Provetta

I riferimenti

1. Rosenbaum L. Facing Covid-19 in Italy—Ethics, Logistics, and Therapeutics on the Epidemic’s Front Line. New England Journal of Medicine. 2020 Mar 18.
2. Wu Z, McGoogan JM. Characteristics of and important lessons from the coronavirus disease 2019 (COVID-19) outbreak in China: summary of a report of 72 314 cases from the Chinese Center for Disease Control and Prevention. JAMA 2020 February 24
3. Chang D, Xu H, Rebaza A, Sharma L, Dela Cruz CS. Protecting health-care workers from subclinical coronavirus infection. Lancet Respir Med 2020;8(3):e13-e13.

Gli autori

Filippo Anelli, President of the Italian Federation of Medical Professional Associations (FNOMCEO), Rome

Cosimo Nume, Medical Professional Association (OMCEO) of Taranto

Prisco Piscitelli, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Alessandro Miani, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Roberto Carlo Rossi, Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Ernesto Burgio, Medical Professional Association (OMCEO) of Palermo

Donato De Giorgi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Luigi Peccarisi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Ivan Gentile, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Division of Infectious Diseases, University Federico II, Naples

Maria Triassi, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Director of Public Health Department, University Federico II, Naples

Annamaria Colao, Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples

 

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25 marzo 2020-03-30

“Le carenze del Ssn e la mancanza dei giusti dispositivi di sicurezza – afferma il Presidente Alessandro Beux della Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione – ha provocato il contagio di migliaia di professionisti sanitari. Come si apprende dai dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità (Iss), in Italia dall’inizio dell’epidemia sono 4.824 i professionisti sanitari che hanno contratto un’infezione da Covid-19, pari al 9% del totale delle persone contagiate”.1

1https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=83090

26 Marzo 2020

“Pubblicata sul British Medical Journal la lettera a firma del Presidente Nazionale FNOMCeO (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri) Dr. Filippo Anelli a nome di tutti gli Ordini dei Medici italiani.

Aumenta intanto il numero degli operatori sanitari contagiati: ieri, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, erano saliti a 6205, vale a dire più del 9% dei casi totali. Così il Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri Dr. Filippo Anelli. “Sono dati peggiori di quelli registrati in Cina che si è fermata a 3300 sanitari contagiati e 23 decessi”.

“È lecito supporre questi eventi sarebbero stati in larga parte evitabili se gli operatori sanitari fossero stati correttamente informati e dotati di sufficienti dispositivi di protezione individuale adeguati: mascherine, guanti, camici monouso, visiere di protezione, che invece continuano a scarseggiare o ad essere centellinati in maniera inaccettabile nel bel mezzo di un’epidemia a cui pure l’Italia si era dichiarata pronta solo a fine due mesi fa”.

Allo stesso tempo, come sottolineato dal direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus, è stato accertato che in Cina circa il 41% dei casi di Covid-19 confermati a Wuhan è il risultato di una trasmissione correlata all’ospedale”. 2

2https://portale.fnomceo.it/sul-british-medical-journal-le-richieste-immediate-dei-medici-italiani-piu-protezione-e-test-rapidi-in-ospedale-maggiore-impegno-nella-sorveglianza-sul-territorio/ 

29 marzo 2020

“Ma cosa vuol dire concretamente non dimenticarsi degli infermieri?

Significa innanzitutto prendere realmente coscienza della gravità del dato del numero dei contagi degli operatori sanitari: 7.763 al 28 marzo. Di questi quasi 4.000 sono infermieri”. 3

3https://www.fnopi.it/2020/03/29/coronavirus-non-dimenticare-infermieri-aceti-editoriale/

30 marzo 2020

“Continua a crescere il numero di medici morti in Italia a causa della pandemia di coronavirus. La Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) ha registrato finora in totale 63 decessi. Nel fine settimana che si è appena concluso, la Federazione aveva registrato inoltre altri 11 nuovi decessi. Intanto, secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità relativi a ieri, 29 marzo, sono 8.358 gli operatori sanitari contagiati, 595 in più rispetto al giorno precedente”.4

4https://tg24.sky.it/cronaca/2020/03/30/coronavirus-medici-morti.html

E’ deceduto con il Coronavirus piuttosto che per il Coronavirus lo scorso 27 marzo un signore dell’Altopolesine, classe 1944, operato a Legnago per un intervento cardiologico – annuncia Compostella – Nessun tampone è stato fatto dai colleghi di Legnago durante il ricovero in ospedale, il paziente è stato poi dimesso. Nel post operativo a domicilio ha presentato sintomatologia compatibile da Coronavirus. Arrivato in Pronto soccorso a Rovigo in situazione gravissima, è purtroppo deceduto quasi subito per grave insufficienza respiratoria. Il tampone post mortem ha registrato esito di positività“.5

5https://www.rovigooggi.it/n/97764/2020-03-29/terzo-decesso-ma-si-allenta-la-morsa-del-coronavirus-in-provincia-di-rovigo-solo-2-i-nuovi-casi

Infermiera che piange

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Quello che scrivo non vuole essere un’accusa “politica”. Non sono un’esperta, né un’infettivologa. Sono semplicemente una donna che lavora per il SSN dal 1987.

Le mie sono considerazioni, riflessioni e deduzioni legate a fatti ed eventi recenti e documentati. Sono valutazioni etiche e morali che vanno oltre la ferrea e troppo spesso “fredda” e “frettolosa” lettura di norme e leggi.

Ho visto i decreti del governo “adattarsi” all’andamento del flagello che ci ha colpito.

Le misure dovrebbero mirare a “contenere” la diffusione e i danni di una malattia che si è dimostrata spietata e subdola.

E le misure, pur nell’emergenza, dovrebbero essere “previdenti” e lungimiranti, credo, riferite ad azioni che riguardano tutte le persone e la vita e la salute e i diritti tutti di ogni persona.

Le misure dovrebbero essere rispettose della nostra Costituzione che difende i “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

Tra questi la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, con la precisazione che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Credo che la fretta, l’inosservanza di quella che chiamano la “diligenza del buon padre di famiglia” e la distrazione abbiano portato a non ascoltare la voce proprio dei singoli e delle formazioni sociali coinvolte nel percorso di cura della malattia.

Mi riferisco alle persone sul campo, a ognuno dei professionisti della salute, ai sindacati di medici, infermieri, tecnici coinvolti nella cura quotidiana, in una lotta combattuta con sudore, lacrime e talvolta rassegnazione. È gente questa che non sta in cattedra, gente che ogni giorno rischia veramente perch progressivamente è stata disarmata.

D.L. 23 febbraio 2020 n. 6, Art. 1 c. 2, lettera h) prevedeva “ l’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva”.

6 marzo 2020 – In molti, tra cui il presidente del Veneto Luca Zaia, denunciavano la propria preoccupazione per l’alto numero di positivi per COVID-19 tra i professionisti della Sanità: “Abbiamo 450 persone del mondo della sanità che sono in isolamento fiduciario, stanno a casa, non possono lavorare e non sono positivi. Per questi ho chiesto più volte al ministro, al Governo e al presidente del Consiglio la possibilità di riconoscere e dare a loro la possibilità di lavorare. Penso e spero che questo problema si risolva, altrimenti svuotiamo il mondo della sanità dagli operatori. […]
Si dia ai medici la possibilità di poter operare anche se rappresentano dei contatti con persone positive. Non possiamo mettere in isolamento fiduciario i medici per 14 giorni”.

Veniva proposta la presenza “volontaria, garantendo tutta una serie di attività come il tampone quotidiano dei sanitari negativi, ma anche di quelli che hanno avuto l’evenienza o un contatto con un positivo. […] I negativi asintomantici, che sono i nostri angeli, non sono solo i medici ma tutti gli operatori della sanità”.

Al governatore faceva eco il professor Andrea Crisanti, direttore dell’unità operativa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova: ”Un’autentica follia: di questo passo rischiamo di dover chiudere i reparti”.1

Arriviamo così al D.L. 9 marzo 2020, n. 14 che all’art. 7 prevede che “La disposizione di cui all’art. 1, c. 2, lettera h), del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che vengono sottoposti a sorveglianza. I medesimi operatori sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19”.

Traduzione: l’operatore sanitario che, pur avendo avuto un contatto stretto con un positivo a COVID-19, ha tampone negativo, rimane al lavoro sino a quando non presenta problemi respiratori o esito positivo al tampone.

Si decide questo nonostante il Ministero della salute nel proprio sito stimi che il periodo di incubazione vari fra 2 e 11 giorni, fino a un massimo di 14 giorni.

In questo lasso di tempo anche un asintomatico può infettare. Se si tratta di un operatore sanitario può contagiare pazienti e colleghi.

Nel frattempo quindi sale a circa 6.400 il numero degli operatori sanitari contagiati e questo numero rappresenta coloro che sono stati sottoposti a tampone.

Quanti saranno i non testati perché asintomatici?

Quale il numero di pazienti contagiati involontariamente nelle stesse strutture sanitarie?

E ora si parla di task force di infermieri volontari, si richiamano dalla pensione proprio le persone che potrebbero essere più sensibili al virus, si pensa di chiamare alle armi ogni neolaureato in medicina.

Lo ripeto: non sono un’esperta, né un’infettivologa. Sono semplicemente una donna che lavora per il SSN dal 1987.

Ma mi sento di dire che il rispetto della salute di tutti e l’applicazione dell’unica arma possibile ossia l’ISOLAMENTO in QUARANTENA di ogni persona, familiari, colleghi, sanitari compresi, forse avrebbe dato risultati diversi.

Forse tutelando i diritti costituzionali dei singoli si sarebbe potuto tutelare meglio la collettività…

Le strutture sanitarie e gli operatori stessi stanno diventando luoghi e veicoli di infezione, questa la “denuncia” di 13 medici del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicata sul New England Journal of medicine:

Western health care systems have been built around the concept of patient-centered care, but an epidemic requires a change of perspective toward a concept of community-centered care. What we are painfully learning is that we need experts in public health and epidemics, yet this has not been the focus of decision makers at the national, regional, and hospital levels. We lack expertise on epidemic conditions, guiding us to adopt special measures to reduce epidemiologically negative behaviors”. 2

I sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti attorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un un’epidemia richiede un cambio di prospettiva verso un concetto di assistenza centrata sulla comunità. Quello che noi stiamo dolorosamente apprendendo è che abbiamo bisogno di esperti in sanità pubblica ed epidemie, eppure non è così per l’attenzione dei decisori a livello nazionale, regionale e ospedaliero. Ci manca competenza su condizioni epidemiche, competenza che ci guidi ad adottare misure speciali per ridurre epidemiologicamente i comportamenti sbagliati”. 2

For example, we are learning that hospitals might be the main Covid-19 carriers, as they are rapidly populated by infected patients, facilitating transmission to uninfected patients. Patients are transported by our regional system,1 which also contributes to spreading the disease as its ambulances and personnel rapidly become vectors. Health workers are asymptomatic carriers or sick without surveillance; some might die, including young people, which increases the stress of those on the front line”. 2

Ad esempio, stiamo imparando che gli ospedali potrebbero essere i principali vettori di Covid-19, poiché sono popolato rapidamente da pazienti infetti, facilitando la trasmissione a pazienti non infetti. Pazienti sono trasportati dal nostro sistema regionale, che contribuisce anche a diffondere la malattia poiché le ambulanze e il personale possono diventare rapidamente vettori. Gli operatori sanitari sono portatori asintomatici o malato senza sorveglianza; alcuni potrebbero morire, compresi i giovani, e questo aumenta lo stress quelli in prima linea”. 2

Chernobyl

1 https://www.ilgazzettino.it/video/nordest/coronavirus_medici_veneto_zaia-5094853.html.

2 https://catalyst.nejm.org/doi/abs/10.1056/CAT.20.0080

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Roma, 20.03.2020

Questo sostengono Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti, rispettivamente Presidente e Vice Presidente dell’Ordine provinciale di Roma dei Medici e degli odontoiatri, in vista di un consiglio straordinario dell’Ordine, per valutare la gravità delle indicazioni dell’ultimo Rapporto Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità a seguito del quale il Governo, con il Decreto Legge “Cura Italia” n. 18 del 17.3.2020, obbliga l’utilizzo di mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo alla protezione.

Medici e cittadini italiani hanno ormai compreso che scarseggiano i dispositivi di protezione individuali, i famosi DPI. Ma questo non può giustificare che si peggiori l’attuale drammatica situazione mandando in guerra medici e tutto il personale sanitario con le scarpe di cartone e senza elmetto. Non è tollerabile in un paese civile.

Obbligare proprio i medici a contrastare il nuovo coronavirus a mani nude cercando, per di più, di arruolare giovani professionisti, in maggioranza donne, e mandarle allo sbaraglio non è più accettabile”.

La cosa deontologicamente ed eticamente più grave è che colleghi, componenti del gruppo di lavoro dell’Istituto Superiore di Sanità, abbiano abbassato le protezioni del personale sanitario proprio in un momento di massima esposizione al contagio.

Cosi si mettono a rischio tutti di coloro che sono in prima linea negli ospedali, negli ambulatori della medicina generale, nei poliambulatori delle ASL, negli ambulatori della guardia medica. Già contiamo troppi morti tra le nostre fila”.

Le mascherine chirurgiche, infatti, non proteggono i medici e gli operatori sanitari dall’inalazione di particelle aeree di piccole dimensioni. Servono solo per i malati”.

Il Consiglio dell’Ordine dei Medici di Roma ritiene gravissimo eticamente e deontologicamente che questo provvedimento sia stato suggerito dal comitato tecnico cioè da colleghi medici, perché non preserva la salute dei medici e di tutti gli operatori anzi rischia di trasformarli in untori”.

Finita l’emergenza chiederemo lumi ai direttori sanitari e ai colleghi funzionari che hanno collaborato alla stesura di queste norme, quali siano le evidenze scientifiche a cui hanno fatto riferimento. Inoltre il Consiglio dell’Ordine dei Medici ed odontoiatri di Roma e Provincia ha deciso di scrivere alla Federazione nazionale (FNOMCeO) chiedendo con urgenza un ulteriore intervento a tutela di tutti i medici italiani e ha deciso di scrivere già oggi al Presidente del Consiglio dei Ministri Conte, al Ministro della Salute Speranza e al Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro, chiedendo di modificare urgentemente il provvedimento legislativo appena adottato a tutela della cittadinanza, dei medici e degli operatori sanitari tutti che sono eroi ma non martiri”.

Nei decreti che si sono succeduti freneticamente assisto basita alla regolare scomparsa di difesa e tutela per il personale sanitario, comprensivo di tutti gli operatori che si trovano a lavorare nelle strutture ospedaliere, quelli che ipocritamente chiamano “eroi”.

Leggo nei vari decreti, comunicati e protocolli:

I dispositivi di protezione individuale DPI (facciali filtranti FFP2, sovra-camice a maniche lunghe con polsino, protezione facciale riutilizzabile e doppi guanti) vanno indossati solo dal personale che assiste un caso classificato come sospetto o certo e solo durante l’assistenza allo stesso”.

La mascherina chirurgica riduce la trasmissione dei patogeni che vengono trasportati dalle goccioline emesse quando si tossisce, si starnutisce o ci si soffia il naso, svolgendo una funzione di barriera meccanica”.

“Contatto stretto”: tra gli altri “un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta a un caso di COVID19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei”.

Il personale sanitario in contatto con un caso sospetto, probabile o confermato di COVID-19 deve indossare DPI adeguati, come indicato in Allegato 2, da cui: “È documentato che le persone maggiormente a rischio di infezione da SARS-CoV-2 sono coloro che sono stati a contatto stretto con paziente affetto da COVID-19 o coloro che si prendono cura di pazienti affetti da COVID-19

Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6  Art. 1 c. 1, lettera h) applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva.

Decreto Legge 9 marzo 2020 n. 14 Art. 7 La disposizione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che vengono sottoposti a sorveglianza. I medesimi operatori sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19.

Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 Art. 16 (Ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività)

1. Per contenere il diffondersi del virus COVID-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, sull’intero territorio nazionale, per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall’articolo 34, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.

2. Ai fini del comma 1, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, gli individui presenti sull’intero territorio nazionale sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio.

COVID-19

In pratica, riassumendo, se non sbaglio:

– riguardo i DPI, passiamo dall’utilizzo di tutto il set alla pura mascherina chirurgica;

– riguardo la quarantena, viene applicata a tutti, meno che al personale sanitario, fino a quando non presenti sintomatologia respiratoria o risulti positivo per COVID-19.

E si era persino tentato, in Emilia Romagna, di far tornare al lavoro i sanitari positivi e asintomatici su base “volontaria”…

Ora io mi domando

– quale paziente si farebbe visitare e curare senza ansia da un medico, un infermiere, un tecnico, un oss che, avendo già avuto contatti senza adeguati DPI con un paziente COVID-19 o con un collega positivo e asintomatico, non sia stato messo in quarantena, dunque potrebbe incubare il virus ed è “armato” di sola mascherina chirurgica…

– quale operatore lavorerebbe serenamente con un collega medico, infermiere, tecnico, oss che, avendo già avuto contatti senza adeguati DPI con un paziente COVID-19 o con un collega positivo e asintomatico, non sia stato messo in quarantena, dunque potrebbe incubare il virus ed è “armato” di sola mascherina chirurgica…

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Il un filmato titolato “Il virus del buco del c…. Vi spiego perché”, Vittorio Sgarbi, con il linguaggio che ormai lo contraddistingue, si trasforma in medico esperto ma insieme ci propina una lettura addirittura complottistica del caso coronavirus. Lettura che va ad aggiungersi alle teorie di chi è convinto che la diffusione del virus sia opera degli alieni che, in alcune versioni ci vogliono indebolire prima di attaccarci, in altre ci vogliono punire per i crimini che commettiamo contro la Natura.

Sgarbi offende esperti e politici, ma soprattutto le persone malate:

Chi ca*** è Burioni?. Chi ca*** è Pregliasco? (…) Non credo a questa gente. Questo è il virus del buco del c***. Non credo al coronavirus, ci deve essere qualche cosa dietro, non possiamo cambiare la nostra vita per qualcuno a cui è venuto il raffreddore. Non c’è un ca***, dovete andare a fare in c***, chi ca*** è Conte? Un consiglio di cogli*** che dice quello che devo fare io. Casalino parla del virus… Io non scherzo, spero che mi ascoltiate molto, sono un zucche vuote, capre. Questo è il capravirus che ha preso il loro cervelli del ca***”(…) Qualcuno muore perché aveva un’età piuttosto avanzata. Gli è arrivato un coccolone ed è morto di polmonite…”.

Sgarbi delira per circa 10 minuti senza portare un dato a sostegno delle sue tesi. Le sue sono “impressioni” come quelle di un altro “esperto”, il presidente Trump, basate sulle “conversazioni” con molte persone.

E io che credevo che servissero dati per poter dimostrare una tesi…

Sgarbi racconta anche una bugia quando nomina, a dimostrazione del suo delirio, il CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche, la più grande struttura pubblica di ricerca in Italia.

Peccato che dai comunicati del Cnr risulti altro: lo potete leggere di seguito.

I comunicati del Cnr infatti, con toni misurati e dati alla mano, forniscono dati per certi versi incoraggianti ma invitano a seguire le indicazioni che ormai tutti dovremmo conoscere.

03/03/2020

Giovanni Maga, direttore Istituto di genetica molecolare (Cnr-Igm)

Nell’ultimo bollettino dell’OMS del 1 marzo si delinea il quadro epidemiologico dell’infezione da SARS-CoV2. Questi i dati dello studio epidemiologico cinese su oltre 44000 casi: l’incidenza di forme gravi è il 14% e di casi critici il 5%.

Alle ore 18 del 1 marzo in Italia c’erano 1577 positivi, di cui 798 (circa il 50%) a casa (presumibilmente senza sintomi o non sintomi molto lievi).

639 (circa il 40%) sono ricoverati, non sono note però l’incidenza delle polmoniti e la loro gravità, ma sembra che la maggioranza abbia sintomi non preoccupanti.

Complessivamente quindi sembra che ci sia un accordo con l’80% di forme lievi/moderate secondo l’Oms (assumendo che la maggioranza dei ricoverati non sia grave).

I casi critici (terapia intensiva) in Italia sono 140 (8.8%), più alto, rispetto al 5% di casi critici riportati dallo studio cinese.

Possiamo fare 3 ipotesi:

1) i numeri dei casi positivi sono inferiori alla reale diffusione del virus (per cui le percentuali potrebbero essere sovrastimate).

2) In questa seconda ondata il virus circolando ha passato il setaccio della selezione naturale che ha favorito la diffusione di un ceppo più “abile” nel colonizzare il nuovo ospite.

Solo l’analisi genetica degli isolati autoctoni presenti adesso in confronto con quelli circolanti all’inizio dell’epidemia potrà dirci se ci sono stati cambiamenti genetici sostanziali.

3) La differente struttura genetica della popolazione europea rispetto a quella asiatica riflette una diversa risposta al virus. Questa è molto più difficile da verificare e richiederà studi accurati sulla risposta immunitaria.

Al di là di queste tre ipotesi si confermano due punti importanti:

1) la generale benignità del decorso dell’infezione per la maggioranza delle persone, soprattutto quelle giovani;

2) la necessità di continuare nelle misure di contenimento per abbattere il più possibile il numero dei casi.

Se anche il rischio di forme critiche o potenzialmente letali è basso, non possiamo permetterci di non fare tutto il possibile per proteggere chi a rischio è.

Inoltre la criticità maggiore di questo virus non è la letalità, che rimane sostanzialmente concentrata sulle persone più fragili, ma l’incidenza delle forme che richiedono assistenza ospedaliera.

Serviranno ancora almeno 2 – 3 settimane per avere un’idea precisa sull’efficacia delle misure e sull’andamento dell’epidemia.

Dobbiamo collaborare tutti, senza panico ingiustificato ma con senso di responsabilità1.

Su il Giornale.it, il 10-03-2020, nell’articolo di Francesca Bernasconi, titolato “Coronavirus, l’esperto rivela: Ecco la verità sulle fasce d’età”, sempre il professor Maga dichiara:

“Non ci sono fasce d’età ‘protette’ dall’infezione. I giovanissimi si ammalano meno, ma tutti possono infettarsi e propagare il virus. (…)

È importante diradare i contatti, evitare gli assembramenti, seguire le indicazioni. (…) Abbiamo un 22% tra 19-50. Mentre sotto i 19 anni, l’incidenza in effetti è molto bassa, intorno all’1,5 per cento. (…)

Limitare la diffusione del virus ha come primo obiettivo salvare le vite di chi è più a rischio. (…)

Anche se la maggioranza passa l’infezione senza particolari problemi, dobbiamo abbattere quel 19% che richiede cure intensive per non saturare la capacità di assistenza degli ospedali”.

Maga spiega che l’aumento dei contagi provocherebbe un aumento della “pressione sul sistema sanitario” e dei “contagi tra gli operatori che, come i posti letto, non sono infiniti”.

E aggiunge: “Il numero di contagi è ancora controllabile, soprattutto nelle regioni dove i casi sono pochi. Siamo ancora a livello 2 di attenzione secondo ECDC (cluster identificabili), dobbiamo evitare di arrivare al livello 3 (fusione dei cluster e quindi impossibilità di contenimento locale)”. (…) È necessario limitare la diffusione. Bastano pochi gesti responsabili per farlo, senza panico ma con senso civico“.

Ancora Giovanni Maga fornisce informazioni che possono incoraggiare:

Il numero dei guariti aumenta sempre più e ad oggi è quasi il doppio dei deceduti. La Protezione Civile ha implementato uno strumento simile a quello della John Hopkins per la situazione italiana. Si vede come la curva delle guarigioni aumenti sempre più.  Questa è una buona notizia perché i guariti è come se fossero vaccinati, ovvero hanno acquisito l’immunità e quindi iniziano a creare una barriera ulteriore alla diffusione del virus.

È la cosa che succede in ogni epidemia, chi guarisce interrompe la catena di trasmissione. (…) “Guardando i trend di crescita dei contagi vediamo che dobbiamo arrivare ancora al picco. È azzardato fare una stima ma credo che i contagi cresceranno ancora per un’altra settimana, dieci giorni. (…)

Rimane ancora da interpretare l’eccesso di mortalità, intorno al 5%, in Italia simile a quello del periodo di massima intensità a Wuhan, contro una media intorno all’1-2%. Una spiegazione può essere dovuta forse a una percentuale di popolazione fragile più alta che in altri Paesi, anche se l’età media da noi non è molto diversa da quella di Francia e Germania. Un’ipotesi è che circoli un ceppo più aggressivo rispetto a quello iniziale, ma è necessario approfondire”.2

Vittorino Andreoli riscrive «Pinocchio» di Carlo Collod

Mi tocca pensare dunque che la “capra” sia proprio il professor Sgarbi questa volta e che si tratti pure di una capra bugiarda.

Si preoccupa l’uomo che la gente non vada più ai musei… Ma per piacere… Ci faccia lezioni di storia dell’arte e lasci che di salute si occupino le persone competenti.

1https://www.cnr.it/it/nota-stampa/n-9259/evoluzione-del-coronavirus-nota-di-aggiornamento-dall-istituto-di-genetica-molecolare-del-cnr.

2 https://www.quotidiano.net/cronaca/coronavirus-epidemia-1.5062749

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Nel sito dell’Azienda 9 Scaligera, in riferimento allo screening mammografico, leggo quanto segue:

Il tumore del seno è una malattia potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo. È dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne. L’effettuazione della mammografia in molti casi permette di scoprire il tumore nelle fasi iniziali, quando ancora non dà sintomi.

Perché fare la mammografia

La mammografia è attualmente l’esame più efficace per la diagnosi precoce del tumore al seno. Effettuare la mammografia non significa impedire che compaia un tumore, ma in molti casi permette di scoprirlo nelle fasi iniziali, quando ancora non dà sintomi. La diagnosi precoce offre alle donne migliori possibilità di trattamento e di guarigione.

A che età e con che frequenza fare la mammografia

La mammografia è raccomandata a tutte le donne tra i 50 e i 74 anni, ogni 2 anni. Dopo i 50 anni infatti si verifica la maggior parte dei casi di tumore al seno.

Un intervallo di due anni tra un esame e l’altro consente di fare la diagnosi precoce nella maggioranza di casi.

Chi ha meno di 50 anni o più di 74 anni può rivolgersi al proprio medico o allo specialista di riferimento per concordare individualmente le modalità di controllo e la periodicità degli accertamenti più opportune. A questo proposito, si ricorda che dai 45 anni ai 49 anni è possibile usufruire dell’esenzione dal ticket anche per mammografie (una ogni 2 anni) richieste dal proprio medico di base, al di fuori del Programma di screening“.

Aggiungo che, se non erro, sempre desumibile dal sito aziendale, il servizio con sede a Legnago copre, oltre a Legnago, i seguenti comuni: Angiari, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi S. Anna, Bovolone, Casaleone, Castagnaro, Cerea, Concamarise, Gazzo Veronese, Isola Rizza, Legnago, Minerbe, Nogara, Oppeano, Palù, Ronco all’Adige,  Roverchiara, Salizzole, San Pietro di Morubio, Sanguinetto, Sorgà, Terrazzo, Villa Bartolomea, Zevio.

Per finire, tramite domande ad amiche, conoscenti e colleghe, scopro che il mammografo in dotazione al servizio in questione è rotto e quindi inutilizzato e inutilizzabile da agosto 2019!

Io sono una dipendente dell’Azienda Scaligera, ma sono anche un’utente e una donna operata al seno più di 10 anni fa. Avrei quindi la possibilità e il diritto di rientrare per i controlli nel programma di screening, ma mi chiedo: senza un apparecchio riservato al servizio mi sarà garantita la scadenza di 2 anni, scadenza che “consente di fare la diagnosi precoce nella maggioranza di casi”?

Tutte/i sanno che, al momento, nella struttura ospedaliera di Legnago un unico apparecchio mammografico deve coprire le richieste di tutta la popolazione femminile.

Mi domando: se questo apparecchio si ferma per guasto dove andremo noi donne? Tutte a pagamento ina ltre sedi???

La politica e i politici locali dove sono? I dirigenti si ricordano di noi?

Tumore al seno

 

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L.R. 30 dicembre 2016 n. 30

Art. 38

Interventi per il governo delle liste d’attesa

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1. La Regione del Veneto promuove il governo delle liste d’attesa al fine di garantire a tutti gli assistiti un accesso equo alle migliori prestazioni sanitarie, in un luogo e con una tempistica adeguati, nonché la sicurezza delle stesse, mediante l’individuazione di strategie per la gestione delle criticità, in conformità del Piano nazionale di governo delle liste di attesa.

2. Per le finalità di cui al c. 1, le Aziende ULSS e ospedaliere, anche tramite gli erogatori privati accreditati, devono rispettare nei confronti dei propri assistiti i tempi massimi di attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie.

3. L’attività della Regione è volta, in particolare a:

a) perseguire la riduzione e il rispetto dei tempi di attesa;

b) assicurare all’assistito l’effettiva possibilità di vedersi garantita l’erogazione delle prestazioni sanitarie nell’ambito delle strutture pubbliche e private accreditate;

c) monitorare e vigilare sui risultati raggiunti;

d) prevedere idonee misure da adottare nei confronti del DG delle Aziende ULSS e Ospedaliere, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), nonché degli erogatori privati accreditati, in caso di mancato rispetto dei tempi individuati per l’erogazione delle prestazioni.

e) a vigilare che Aziende ULSS, aziende ospedaliere, Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS), nonché erogatori privati accreditati, rispettino le disposizioni e gli adempimenti impartiti dall’Autorità Nazionale Anticorruzione sul rispetto degli obblighi in tema di anticorruzione e trasparenza.

4. Al fine di garantire l’appropriatezza prescrittiva ed erogativa delle prestazioni di specialistica ambulatoriale:

a) il medico prescrittore ha l’obbligo, nel caso di prima visita o di esami diagnostici, di attribuire l’appropriata classe di priorità e di indicare il sospetto diagnostico.

b) le classi di priorità sono lo strumento per assegnare il corretto tempo di accesso alle prestazioni sanitarie considerando la data della richiesta della prestazione rivolta all’erogatore e la data di erogazione proposta.

c) le classi di priorità sono le seguenti:

1) classe U  → Urgente;

2) classe BBreve Attesa;

3) classe D → Differita;

4) classe PProgrammabile.

d) a ogni classe di priorità corrisponde una diversa tempistica di erogazione della prestazione sanitaria, come di seguito indicato:

1) classe U → entro 24 ore dalla presentazione;

2) classe B → entro 10 giorni dalla prenotazione;

3) classe D → entro 30 giorni dalla prenotazione;

4) classe P → entro 60/90 giorni dalla prenotazione secondo indicazione del medico prescrittore.

e) le Aziende ULSS hanno l’obbligo di erogare le prestazioni sanitarie di cui alla presente legge nei confronti dei propri assistiti, anche tramite l’offerta delle aziende ospedaliere nonché degli erogatori privati accreditati previa stipula degli appositi accordi contrattuali previsti dall’art.8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art.1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.”.

f) almeno il 90 per cento delle prestazioni prioritarizzate deve essere erogato entro i tempi massimi previsti da ogni classe di priorità da parte delle Aziende ULSS e ospedaliere nonché dalle strutture private accreditate. Il restante 10 per cento deve essere erogato entro i successivi dieci giorni nel caso di classe B, entro i successivi trenta giorni negli altri casi.

g) qualora alla prima visita sia attribuita la classe di priorità U, le Aziende ULSS e ospedaliere nonché gli erogatori privati accreditati devono organizzare idonei percorsi assistenziali, anche mediante l’accesso diretto agli ambulatori, ove possibile.

h) la classe di priorità U è riservata, di norma, alle prescrizioni di prima visita specialistica ambulatoriale.

Nel caso di necessità di ulteriori accertamenti e controlli, le Aziende ULSS e ospedaliere, anche mediante gli erogatori privati accreditati, devono organizzare la presa in carico dell’assistito da parte del medico specialista.

i) le visite e gli accertamenti di controllo devono essere effettuati, nel tempo previsto dal medico prescrittore, dallo stesso ovvero da altri medici appartenenti alla medesima struttura sanitaria.

l) non è ammessa la chiusura delle agende di prenotazione.

m) i Direttori generali delle Aziende ULSS elaborano annualmente un documento di analisi e previsione relativo alla domanda di prestazioni ambulatoriali proveniente dai propri assistiti e alla corrispondente offerta aziendale, comprensiva anche di quella delle Aziende ospedaliere nonché degli erogatori privati accreditati.

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Leggevo ad aprile su Repubblica:

Matteo Renzi torna sul tema dei rapporti tra magistrati e politici. Chiede “rispetto”. E aggiunge: “Tutti i giorni leggo polemiche tra politici e magistrati. Un film già visto per troppi anni. Personalmente ammiro i moltissimi magistrati che cercano di fare bene il loro dovere. E anche i moltissimi politici che provano a fare altrettanto. Il rapporto tra politici e magistrati deve essere molto semplice: il politico rispetta i magistrati e aspetta le sentenze. Il magistrato applica la legge e condanna i colpevoli’.

Il nostro premier dice un po’ di tutto su tutto… ma è un privilegiato che vorrebbe insegnare a noi del popolino…

Da quello che leggo e vivo, i magistrati e tutto il loro apparato più che applicare la legge, cavillano e ‘calcoleggiano’ alla grossa…

Ma, per piacere, che non mi si venga a parlare di ‘giustizia’ ‘terrena’… che nemmeno Chi è al di sopra ho ben capito cosa faccia!!!

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Ieri sera per caso mi sono trovata a guardare un film, Gone, thriller statunitense del 2012. Leggo che il film ha ottenuto recensioni negative da parte della critica e scarsi profitti al box office. E in effetti non mi è particolarmente piaciuto, ma la fine merita veramente e, per una donna che di ingiustizie ne ha viste, sentite e subite tante e soprattutto da chi la giustizia la dovrebbe tutelare e applicare, è liberatoria.

La protagonista che, pur essendo stata rapita da un maschio pervertito, non era stata ritenuta credibile dalla polizia ed era finita in casa di cura psichiatrica, giustizia se la fa da sola e il pluri-omicida lo sistema da sola e lascia che tutte/i quelle/i che non le avevano creduto pensino che la sua sia stata una fissazione per scagionarsi…

Probabilmente sarò cattiva ma credo che per azioni abominevoli non esista che una soluzione.

E lo stesso purtroppo penso valga per la giustizia in un sistema malato e dittatoriale… o almeno io ho rinunciato e rinuncio a credere di poterla vedere e sarò costretta ad agire di conseguenza… Da un po’ di tempo ho una voglia pazza di tagliare gomme e rigare “alcune” vetture… per poi costituirmi…

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Volantino 1

Tra tutti i volantini ricevuti questo mi è parso il più sobrio, fatta eccezione per la citazione, che definirei “bambinesca”, di “estrema sinistra” a rappresentare l’opposizione.

Mi rimane il dubbio di cosa si intenda per “legnaghese” e mi domando se la mia famiglia lo sia…

Volantino 2

Questo volantino a mio parere è invece di cattivo… pessimo gusto, anche se patetico. Trovo volgaruccio il verbo “scannare”, più adatto a un macello che ad altro. Bella anche se contraddittoria la citazione, – “autobiografica” immagino, – della corsa alle poltrone, o meglio, careghe…

Mi resta il solito dubbio sul termine “legnaghese”: effettivamente Clara e Tommaso non abitano proprio in centro e forse non si possono considerare indigeni… Sarà per questo che non sono adatti come candidati per Legnago?! Del domicilio di Paolo non ho ubicazione geografica precisa…

Volantino 3

Con questo volantino il fondo si tocca.

L’idea di scorporare dal contesto la fotografia che immortala Claudio con i tre “senza volto” sarebbe patetica… se non fosse maliziosa e disonesta. Fortunatamente il responsabile della Verbena, l’associazione che organizzò l’evento, ha chiarito la provenienza delle fotografia e smascherato la malafede di chi ha cercato di usarla…

Definire i “non nativi” di Legnago “altri” è razzismo allo stato puro, dunque ingiustificabile.

Si cita ancora l’estrema sinistra… Comico…

La frase “Chi vota Scapin spegne Legnago” con riferimento alle luminarie di Natale… banale e ancora patetica. Come patetico è il riferimento a “impegni scritti” che questi signori hanno preso per i primi 100 giorni.

Perché “primi”?

‘Sti impegni non li potevano raggiungere mentre erano a capo del Comune?

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Da tempo ho deciso di non parlare e scrivere di politica. La scelta è guidata da motivazioni varie, non ultima una spiccata allergia alle farse, alle falsità, ai voltagabbana, alle bugie, ecc. ecc. di politicanti vari e annessi e connessi.

Non resisto tuttavia ora al desiderio di pubblicare la relazione che la prof.ssa Vaira Marzia Pagliari, Presidente del Comitato di Gestione della Biblioteca Comunale di Legnago, la Gervasio Bellinato per intenderci, scrisse a fine mandato.

La relazione è stata protocollata il 22 novembre 2013, n. 33932. È dunque pubblica e come tale credo meriti rilievo (il poco almeno che il mio piccolo blog può dare).

Di seguito il testo integrale.

Al Sindaco del Comune di Legnago Roberto Rettondini

e.p.c.

alla Giunta Comunale

alla Dirigente Milena Mirandola

A conclusione del mio secondo mandato, stendo questa relazione finale, preceduta dagli obiettivi che mi ero prefissata in accordo col Comitato di Gestione.

1)     Presentare a questa Amministrazione bozza del nuovo regolamento della B.C. (il precedente era di 30 anni fa).

2)     Attivare un logo e un sito proprio della B.C.

3)     Riconfermare ed aumentare il numero dei volontari.

4)     Potenziare il rapporto B.C. – scuole (già attivato da Anna Costantini e Marilena Bonfante fin dagli anni precedenti, con scuole materne, elementari e medie), creando nuovi contatti di collaborazione con tutti gli Istituti di Istruzione Superiore di Legnago.

Relativamente al punto 1, dopo un impegnato e serio lavoro da parte del Comitato – durato tutta l’estate, – pur consapevoli che i nostri erano suggerimenti, l’Amministrazione ha ritenuto di rifare ex novo tale documento, mantenendo, solo all’articolo 8, la richiesta più innovativa e democratica proposta, relativa ai componenti del Comitato: “ Il Vice Presidente e il Segretario vengono designati a rotazione dal Presidente in caso di sua assenza”.

In tal modo ho caldeggiato il coinvolgimento di tutti i componenti, uscendo dalla rigorosa e statica nomina (di natura politica) e facendo in modo che, a turno, tutti potessero avere lo stesso incarico.

Relativamente al logo, finalmente la B.C. ne ha uno proprio, creato dalla Professoressa Stellina Cirincione nel 1988 e posto davanti alla porta della biblioteca stessa. Ho fortemente voluto questo logo perché fa parte della memoria storica della biblioteca, in onore e rispetto del suo fondatore, Professor Gervasio Bellinato.

Riguardo al sito, di cui si è intensamente e tenacemente occupata la Sig.ra Federica Bettini, membro del Comitato, ho ricevuto conferma della sua prossima attivazione dalla Dottoressa Nicoletta Comparini, purtroppo solo recentemente incaricata come responsabile della Biblioteca.

Riguardo il punto 3, durante i miei due mandati, in Biblioteca hanno operato i seguenti volontari: Federico Zuliani, Sabrina Dodich, Fabio Furlan, Gabriella Picchi, Rosalba Crocco, Vanessa Dal Lago, Anna Carli, Elana Mancini. Il termine “volontario” si spiega da sé: persone disponibili che impiegano tempo e competenza a servizio della Biblioteca, a supporto del personale operante. Va da sé che i volontari non possono sostituire il personale addetto, ma coadiuvarlo. La collaborazione dei volontari può inoltre per svariati motivi – malattie, imprevisti, ecc. – venire a mancare.

Riguardo al punto numero 4, in questi miei 2 mandati, ho potuto constatare, relativamente ai giovani frequentanti la Biblioteca, un vuoto di presenze dei ragazzi di età compresa tra i 14 e i 17 anni. Sono dunque stati attivati due progetti, per un totale di 40 ore frontali, per creare nuovi collegamenti con i bienni delle superiori. Sono entrati in biblioteca più di 150 alunni, molti dei quali non avevano mai messo piede in tali strutture. Abbiamo privilegiato la “lettura”, dal momento che, per gli insegnanti, il tempo da dedicare in classe a tale strumento didattico è sempre ridotto. Si è cercato di far capire ai giovani quanto possa essere piacevole prendere in mano un libro, sfogliarne le pagine, annusare il profumo delle parole scritte sulla carta e – non è retorica, – molti ragazzi si sono iscritti in Biblioteca e hanno preso, alcuni per la prima volta, un libro da leggere. Chiaramente non abbiamo risolto il più grande problema dei giovani che non leggono o che, se leggono, non decodificano, né abbiamo voluto insegnare nulla ai docenti. Ci siamo molto più semplicemente basati sulla certezza che, se gli stimoli arrivano da più parti e, in questo caso, la scuola si sposta in Biblioteca, è possibile recuperare l’attenzione e l’interesse di qualche ragazza/o, anche grazie alla curiosità di frequentare un luogo diverso e con operatori alternativi ai propri insegnanti.

Conclusioni

Detto ciò, sento il dovere di esprimere il mio rammarico per lo scarso interesse dimostrato dall’Amministrazione nei confronti della situazione assai grave in cui da troppo tempo versa la “nostra” Biblioteca.

Certo le difficoltà che incombono sulle Amministrazioni in questi tempi sono tante, la spending review spesso impedisce di prendere decisioni risolutive, ma speravo in un rapporto più stretto, più collaborativo con il Comitato. Auspicavo si potesse creare quello spirito collaborativo che è sintomo di propositività e volontà di costruzione. Visti i miei quattro anni di costante presenza in Biblioteca e la conoscenza capillare del funzionamento e delle carenze della stessa, mi sarei attesa d’essere almeno interpellata, insieme agli altri membri del Comitato, per porre rimedio ai problemi più impellenti.

Questo purtroppo non è avvenuto.

Non intendo con ciò affermare che il Comitato avrebbe risolto tutte le problematiche, ma certo avrebbe potuto offrire utili suggerimenti nei momenti di reale emergenza venutisi a creare, in particolare, in occasione di assenze per gravissimi problemi di salute di membri del personale esperto. A causa della cronica carenza di personale addetto e delle emergenze suddette, la Biblioteca spesso è rimasta aperta con l’ausilio di volontari e personale recuperato al momento o addirittura costretta a chiudere i battenti, con continui disagi per l’utenza.

Nonostante l’incombenza di questi accadimenti e alcune incomprensioni a inizio del mandato, dovute comunque a ingerenze politiche esterne e non certo a problemi personali di accordo tra i membri, io e il Comitato, che ringrazio per la collaborazione, abbiamo lavorato moltissimo, impegnandoci, a prescindere da tutto, affinchè l’offerta formativa della Biblioteca diventasse il più significativa possibile.

Così scriveva nel 1848 Victor Hugo: “Bisogna, signori, porre rimedio al male; bisogna elevare, per così dire, lo spirito dell’uomo […]. È in questo modo, e solo in questo, che troverete la pace dell’uomo con sé stesso e di conseguenza la pace con la società. Per arrivare a questo obiettivo, signori, che cosa bisogna fare?[…] Bisognerebbe moltiplicare le scuole, le cattedre, le biblioteche, i musei, i teatri, le librerie. Bisognerebbe moltiplicare i luoghi di studio per i bambini, i luoghi di lettura per gli uomini, tutte le organizzazioni, tutte le istituzioni in cui si medita, in cui si istruisce, in cui ci si raccoglie, in cui si impara qualcosa, in cui si diventa migliori; in una parola, bisognerebbe far entrare dovunque la luce nello spirito del popolo; perché è a causa delle tenebre che si perde”.

In merito a tutto quanto elencato, invito l’Amministrazione tutta a dare alla Biblioteca Comunale nuova forza vitale per rafforzare l’istruzione, la cultura e l’informazione, considerati agenti fondamentali per promuovere la pace e il benessere spirituale delle menti di uomini e donne.

Mi appello infine ad alcuni significativi passaggi del “Manifesto UNESCO per le Biblioteche pubbliche”: “La Biblioteca pubblica rientra nelle responsabilità delle autorità locali e nazionali. Deve essere retta da una legislazione specifica e finanziata dalle amministrazioni locali e nazionali. Deve costituire una componente essenziale di ogni strategia a lungo termine per la cultura, per la diffusione dell’informazione, dell’alfabetismo, e dell’istruzione. I servizi devono essere fisicamente accessibili a tutti i membri della comunità. Ciò comporta una buona localizzazione degli edifici, attrezzature adatte per la lettura e lo studio, le tecnologie necessarie e orari di apertura sufficienti e comodi per gli utenti”.

Cordiali Saluti

La Presidente del Comitato di Gestione

Prof.ssa Vaira Marzia Pagliari

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Questo il logo della Prof.ssa Stellina Cirincione.

Condivido ogni parola delle “conclusioni” di Marzia. E tengo a precisare che lo “scarso interesse” cui ella si riferisce riguarda l’Amministrazione “tutta”, “maggioranza e “minoranza” compresa. È bene chiarire, a mio parere, la cosa.

Della parola “cultura” son pronti tutti – non importa la “bandiera”, – a riempirsi la bocca e, immagino, se ne sentirà parlare molto soprattutto in questi giorni di campagna elettorale. Sarebbe bene al contrario parlar poco, non promettere alcunché e “fare” tutto il possibile, partendo dalle piccole cose.

Abbiamo a Legnago la Biblioteca Comunale, la Fondazione Fioroni, il Museo Archeologico, tre “realtà” da tutelare. Ma i fondi, mi dicono, scarseggiano e tutte e tre le struttura non navigano in buone acque.

Io non sono nessuno, non mi intendo di economia… e di politica ancora meno ma, come casalinga, so quel che serve sulla gestione delle risorse domestiche. Nella mia famiglia, dati i tempi di magra, cerchiamo di razionalizzare i consumi e razionare le risorse disponibili.

Se dovessi gestire – per esempio, s’intende… – le tre strutture, unificherei la gestione e riassumerei le persone di provata esperienza, “lasciate a casa” recentemente. Se ciò non bastasse, in attesa di tempi migliori, inizierei anche a “rodare” per le strutture “bisognose” qualche altro operatore della Pubblica Amministrazione.

Quello che ora serve è aiutare i “luoghi di cultura” a resistere alla crisi economica che li vede, da sempre, come i primi “rami” da tagliare. Dovrebbe avvenire il contrario se fossimo lungimiranti. È quando si fa buio che la luce diviene preziosa: l’accesso alla cultura, ai suoi luoghi, ai libri… accende luci per l’anima, ma noi insistiamo a dimenticarlo…

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