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Archive for the ‘PENSIERI DI UN RAGAZZO DI BOTTEGA’ Category

“Levis est dolor qui loquitur, magnus muta”.

Seneca

Di questo momento mi fa soffrire il silenzio a cui sono costretti i malati perché isolati dai propri cari, dagli affetti.

E non c’è saluto per chi ci lascia. Trovo tutto questo spietato.

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In questo periodo di incertezza e paura il tempo assume una dimensione particolare.

Non mi pesa dover stare a casa perché la mia casa è un nido e ci sto benissimo.

Mia figlia studia nella stanza accanto. Ginger, il nostro cane mi osserva dal divano e quattro gatti sornioni cercano a turno carezze e regalano fusa a profusione.

Con le persone care ci si sente spesso al telefono, anche con mia figlia tanto lontana.

Dopo il lavoro all’ospedale con mio marito si ritorna e tanto si può fare ancora.

Se apro la finestra posso vedere il cielo e la natura in fiore.

La Vita e soprattutto le Difficoltà e la Malattia mi hanno insegnato a camminare a piccoli passi, procedendo per piccole mete, talvolta nemmeno quotidiane ma fissate di ora in ora. Si può andare lontano anche senza correre.

Mentre tante persone come me lottano per la Vita, devo e posso essere felice anche solo per l’aria che respiro…

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Questa la lettera pubblicata sul British Medical Journal, scritta da un gruppo di medici italiani impegnati nella cura dei pazienti affetti da coronavirus.

L’ho tradotta dall’inglese e non sono molto ferrata in materia, ma è comunque ben comprensibile il messaggio.

Il titolo: I medici italiani chiedono di proteggere gli operatori sanitari e di rafforzare la sorveglianza della comunità durante l’epidemia di Covid-19

“Mentre l’Italia sta vivendo una situazione drammatica a causa della diffusione dell’infezione da Covid-19, sembra che possiamo fare di più per proteggere i medici e tutti i lavoratori dell’ospedale, inclusi infermieri, terapisti, tecnici e personale di supporto.

Oltre ai rischi personali che i medici e gli operatori sanitari stanno affrontando direttamente – evidenziati dalla morte del primo medico di medicina generale e delegato nazionale per la formazione medica continua Dr. Roberto Stella a Varese – gli ospedali e il personale medico rappresentano un possibile veicolo di diffusione dell’infezione da Covid-19. [1]

Il New England Journal of Medicine ha affrontato il problema dell’enorme percentuale di soggetti infetti che rimangono asintomatici e il loro ruolo nella diffusione delle epidemie. [1]

Allo stesso tempo, come sottolineato dal direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus, è stato dimostrato che in Cina circa il 41% dei casi di Covid-19 confermati a Wuhan derivava da una trasmissione correlata all’ospedale. [2]

Un modello incentrato sull’ospedale si è dimostrato inadeguato nell’affrontare l’epidemia di coronavirus. In realtà, le epidemie devono essere contrastate attraverso una sorveglianza della comunità ben pianificata a livello locale, identificando e isolando a casa casi sospetti o sintomatici. Ciò è diventato evidente poiché interi ospedali in Italia sono stati chiusi a causa della diffusione dell’infezione tra un certo numero di medici e infermieri.

Al 22 marzo, 4824 operatori sanitari erano stati infettati dal nuovo coronavirus (9% dei casi totali) con 24 medici morti: queste cifre sono peggiori di quelle osservate in Cina (3300 operatori sanitari infetti e 23 medici morti).

Emerge che la protezione degli operatori sanitari è un fattore cruciale sia per il controllo dell’epidemia sia per continuare a fornire tutte le cure necessarie alle persone con infezione da Covid-19, nonché a tutti gli altri pazienti che necessitano di trattamenti a casa o in ambiente ospedaliero. [3]
Oltre a un’adeguata fornitura urgente di dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di abiti monouso, che sono inaccettabilmente ancora carenti nel mezzo delle epidemie, proponiamo di fornire almeno a tutti gli operatori sanitari sintomatici test a risposta rapida – registrati presso il Ministero della Salute italiano – che presentano una capacità del 100% di rilevare casi negativi (altissima specificità) e rendono disponibile il risultato in un tempo compreso tra 15 e 45 minuti, a seconda dei diversi prodotti.

Questi test a risposta rapida dovrebbero essere sistematicamente forniti almeno agli operatori sanitari che mostrano qualsiasi possibile sintomo di infezione da Covid-19 (anche lieve e in assenza di febbre), nonché a coloro che sono noti per essere stati in contatto con casi sospetti o confermati. In questo modo, i servizi sanitari saranno sicuri che il personale con risultati negativi possa iniziare a lavorare in ospedale, ambulatori o strutture di assistenza a domicilio e a lungo termine per anziani e pazienti critici. I test a risposta rapida eseguiti su operatori sanitari devono essere confermati da tamponi faringei (due volte nella stessa settimana) e testati con le metodologie più affidabili basate sulla PCR, i cui risultati vengono generalmente forniti entro 48 ore”.

Di seguito il link per la lettura del testo in inglese.

https://www.bmj.com/content/368/bmj.m1065/rr-5

Provetta

I riferimenti

1. Rosenbaum L. Facing Covid-19 in Italy—Ethics, Logistics, and Therapeutics on the Epidemic’s Front Line. New England Journal of Medicine. 2020 Mar 18.
2. Wu Z, McGoogan JM. Characteristics of and important lessons from the coronavirus disease 2019 (COVID-19) outbreak in China: summary of a report of 72 314 cases from the Chinese Center for Disease Control and Prevention. JAMA 2020 February 24
3. Chang D, Xu H, Rebaza A, Sharma L, Dela Cruz CS. Protecting health-care workers from subclinical coronavirus infection. Lancet Respir Med 2020;8(3):e13-e13.

Gli autori

Filippo Anelli, President of the Italian Federation of Medical Professional Associations (FNOMCEO), Rome

Cosimo Nume, Medical Professional Association (OMCEO) of Taranto

Prisco Piscitelli, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Alessandro Miani, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Roberto Carlo Rossi, Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Ernesto Burgio, Medical Professional Association (OMCEO) of Palermo

Donato De Giorgi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Luigi Peccarisi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Ivan Gentile, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Division of Infectious Diseases, University Federico II, Naples

Maria Triassi, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Director of Public Health Department, University Federico II, Naples

Annamaria Colao, Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples

 

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25 marzo 2020-03-30

“Le carenze del Ssn e la mancanza dei giusti dispositivi di sicurezza – afferma il Presidente Alessandro Beux della Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione – ha provocato il contagio di migliaia di professionisti sanitari. Come si apprende dai dati diffusi dall’Istituto superiore di sanità (Iss), in Italia dall’inizio dell’epidemia sono 4.824 i professionisti sanitari che hanno contratto un’infezione da Covid-19, pari al 9% del totale delle persone contagiate”.1

1https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=83090

26 Marzo 2020

“Pubblicata sul British Medical Journal la lettera a firma del Presidente Nazionale FNOMCeO (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri) Dr. Filippo Anelli a nome di tutti gli Ordini dei Medici italiani.

Aumenta intanto il numero degli operatori sanitari contagiati: ieri, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, erano saliti a 6205, vale a dire più del 9% dei casi totali. Così il Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri Dr. Filippo Anelli. “Sono dati peggiori di quelli registrati in Cina che si è fermata a 3300 sanitari contagiati e 23 decessi”.

“È lecito supporre questi eventi sarebbero stati in larga parte evitabili se gli operatori sanitari fossero stati correttamente informati e dotati di sufficienti dispositivi di protezione individuale adeguati: mascherine, guanti, camici monouso, visiere di protezione, che invece continuano a scarseggiare o ad essere centellinati in maniera inaccettabile nel bel mezzo di un’epidemia a cui pure l’Italia si era dichiarata pronta solo a fine due mesi fa”.

Allo stesso tempo, come sottolineato dal direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus, è stato accertato che in Cina circa il 41% dei casi di Covid-19 confermati a Wuhan è il risultato di una trasmissione correlata all’ospedale”. 2

2https://portale.fnomceo.it/sul-british-medical-journal-le-richieste-immediate-dei-medici-italiani-piu-protezione-e-test-rapidi-in-ospedale-maggiore-impegno-nella-sorveglianza-sul-territorio/ 

29 marzo 2020

“Ma cosa vuol dire concretamente non dimenticarsi degli infermieri?

Significa innanzitutto prendere realmente coscienza della gravità del dato del numero dei contagi degli operatori sanitari: 7.763 al 28 marzo. Di questi quasi 4.000 sono infermieri”. 3

3https://www.fnopi.it/2020/03/29/coronavirus-non-dimenticare-infermieri-aceti-editoriale/

30 marzo 2020

“Continua a crescere il numero di medici morti in Italia a causa della pandemia di coronavirus. La Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) ha registrato finora in totale 63 decessi. Nel fine settimana che si è appena concluso, la Federazione aveva registrato inoltre altri 11 nuovi decessi. Intanto, secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità relativi a ieri, 29 marzo, sono 8.358 gli operatori sanitari contagiati, 595 in più rispetto al giorno precedente”.4

4https://tg24.sky.it/cronaca/2020/03/30/coronavirus-medici-morti.html

E’ deceduto con il Coronavirus piuttosto che per il Coronavirus lo scorso 27 marzo un signore dell’Altopolesine, classe 1944, operato a Legnago per un intervento cardiologico – annuncia Compostella – Nessun tampone è stato fatto dai colleghi di Legnago durante il ricovero in ospedale, il paziente è stato poi dimesso. Nel post operativo a domicilio ha presentato sintomatologia compatibile da Coronavirus. Arrivato in Pronto soccorso a Rovigo in situazione gravissima, è purtroppo deceduto quasi subito per grave insufficienza respiratoria. Il tampone post mortem ha registrato esito di positività“.5

5https://www.rovigooggi.it/n/97764/2020-03-29/terzo-decesso-ma-si-allenta-la-morsa-del-coronavirus-in-provincia-di-rovigo-solo-2-i-nuovi-casi

Infermiera che piange

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Quello che scrivo non vuole essere un’accusa “politica”. Non sono un’esperta, né un’infettivologa. Sono semplicemente una donna che lavora per il SSN dal 1987.

Le mie sono considerazioni, riflessioni e deduzioni legate a fatti ed eventi recenti e documentati. Sono valutazioni etiche e morali che vanno oltre la ferrea e troppo spesso “fredda” e “frettolosa” lettura di norme e leggi.

Ho visto i decreti del governo “adattarsi” all’andamento del flagello che ci ha colpito.

Le misure dovrebbero mirare a “contenere” la diffusione e i danni di una malattia che si è dimostrata spietata e subdola.

E le misure, pur nell’emergenza, dovrebbero essere “previdenti” e lungimiranti, credo, riferite ad azioni che riguardano tutte le persone e la vita e la salute e i diritti tutti di ogni persona.

Le misure dovrebbero essere rispettose della nostra Costituzione che difende i “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

Tra questi la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, con la precisazione che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Credo che la fretta, l’inosservanza di quella che chiamano la “diligenza del buon padre di famiglia” e la distrazione abbiano portato a non ascoltare la voce proprio dei singoli e delle formazioni sociali coinvolte nel percorso di cura della malattia.

Mi riferisco alle persone sul campo, a ognuno dei professionisti della salute, ai sindacati di medici, infermieri, tecnici coinvolti nella cura quotidiana, in una lotta combattuta con sudore, lacrime e talvolta rassegnazione. È gente questa che non sta in cattedra, gente che ogni giorno rischia veramente perch progressivamente è stata disarmata.

D.L. 23 febbraio 2020 n. 6, Art. 1 c. 2, lettera h) prevedeva “ l’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva”.

6 marzo 2020 – In molti, tra cui il presidente del Veneto Luca Zaia, denunciavano la propria preoccupazione per l’alto numero di positivi per COVID-19 tra i professionisti della Sanità: “Abbiamo 450 persone del mondo della sanità che sono in isolamento fiduciario, stanno a casa, non possono lavorare e non sono positivi. Per questi ho chiesto più volte al ministro, al Governo e al presidente del Consiglio la possibilità di riconoscere e dare a loro la possibilità di lavorare. Penso e spero che questo problema si risolva, altrimenti svuotiamo il mondo della sanità dagli operatori. […]
Si dia ai medici la possibilità di poter operare anche se rappresentano dei contatti con persone positive. Non possiamo mettere in isolamento fiduciario i medici per 14 giorni”.

Veniva proposta la presenza “volontaria, garantendo tutta una serie di attività come il tampone quotidiano dei sanitari negativi, ma anche di quelli che hanno avuto l’evenienza o un contatto con un positivo. […] I negativi asintomantici, che sono i nostri angeli, non sono solo i medici ma tutti gli operatori della sanità”.

Al governatore faceva eco il professor Andrea Crisanti, direttore dell’unità operativa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova: ”Un’autentica follia: di questo passo rischiamo di dover chiudere i reparti”.1

Arriviamo così al D.L. 9 marzo 2020, n. 14 che all’art. 7 prevede che “La disposizione di cui all’art. 1, c. 2, lettera h), del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che vengono sottoposti a sorveglianza. I medesimi operatori sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19”.

Traduzione: l’operatore sanitario che, pur avendo avuto un contatto stretto con un positivo a COVID-19, ha tampone negativo, rimane al lavoro sino a quando non presenta problemi respiratori o esito positivo al tampone.

Si decide questo nonostante il Ministero della salute nel proprio sito stimi che il periodo di incubazione vari fra 2 e 11 giorni, fino a un massimo di 14 giorni.

In questo lasso di tempo anche un asintomatico può infettare. Se si tratta di un operatore sanitario può contagiare pazienti e colleghi.

Nel frattempo quindi sale a circa 6.400 il numero degli operatori sanitari contagiati e questo numero rappresenta coloro che sono stati sottoposti a tampone.

Quanti saranno i non testati perché asintomatici?

Quale il numero di pazienti contagiati involontariamente nelle stesse strutture sanitarie?

E ora si parla di task force di infermieri volontari, si richiamano dalla pensione proprio le persone che potrebbero essere più sensibili al virus, si pensa di chiamare alle armi ogni neolaureato in medicina.

Lo ripeto: non sono un’esperta, né un’infettivologa. Sono semplicemente una donna che lavora per il SSN dal 1987.

Ma mi sento di dire che il rispetto della salute di tutti e l’applicazione dell’unica arma possibile ossia l’ISOLAMENTO in QUARANTENA di ogni persona, familiari, colleghi, sanitari compresi, forse avrebbe dato risultati diversi.

Forse tutelando i diritti costituzionali dei singoli si sarebbe potuto tutelare meglio la collettività…

Le strutture sanitarie e gli operatori stessi stanno diventando luoghi e veicoli di infezione, questa la “denuncia” di 13 medici del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicata sul New England Journal of medicine:

Western health care systems have been built around the concept of patient-centered care, but an epidemic requires a change of perspective toward a concept of community-centered care. What we are painfully learning is that we need experts in public health and epidemics, yet this has not been the focus of decision makers at the national, regional, and hospital levels. We lack expertise on epidemic conditions, guiding us to adopt special measures to reduce epidemiologically negative behaviors”. 2

I sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti attorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un un’epidemia richiede un cambio di prospettiva verso un concetto di assistenza centrata sulla comunità. Quello che noi stiamo dolorosamente apprendendo è che abbiamo bisogno di esperti in sanità pubblica ed epidemie, eppure non è così per l’attenzione dei decisori a livello nazionale, regionale e ospedaliero. Ci manca competenza su condizioni epidemiche, competenza che ci guidi ad adottare misure speciali per ridurre epidemiologicamente i comportamenti sbagliati”. 2

For example, we are learning that hospitals might be the main Covid-19 carriers, as they are rapidly populated by infected patients, facilitating transmission to uninfected patients. Patients are transported by our regional system,1 which also contributes to spreading the disease as its ambulances and personnel rapidly become vectors. Health workers are asymptomatic carriers or sick without surveillance; some might die, including young people, which increases the stress of those on the front line”. 2

Ad esempio, stiamo imparando che gli ospedali potrebbero essere i principali vettori di Covid-19, poiché sono popolato rapidamente da pazienti infetti, facilitando la trasmissione a pazienti non infetti. Pazienti sono trasportati dal nostro sistema regionale, che contribuisce anche a diffondere la malattia poiché le ambulanze e il personale possono diventare rapidamente vettori. Gli operatori sanitari sono portatori asintomatici o malato senza sorveglianza; alcuni potrebbero morire, compresi i giovani, e questo aumenta lo stress quelli in prima linea”. 2

Chernobyl

1 https://www.ilgazzettino.it/video/nordest/coronavirus_medici_veneto_zaia-5094853.html.

2 https://catalyst.nejm.org/doi/abs/10.1056/CAT.20.0080

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Roma, 20.03.2020

Questo sostengono Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti, rispettivamente Presidente e Vice Presidente dell’Ordine provinciale di Roma dei Medici e degli odontoiatri, in vista di un consiglio straordinario dell’Ordine, per valutare la gravità delle indicazioni dell’ultimo Rapporto Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità a seguito del quale il Governo, con il Decreto Legge “Cura Italia” n. 18 del 17.3.2020, obbliga l’utilizzo di mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo alla protezione.

Medici e cittadini italiani hanno ormai compreso che scarseggiano i dispositivi di protezione individuali, i famosi DPI. Ma questo non può giustificare che si peggiori l’attuale drammatica situazione mandando in guerra medici e tutto il personale sanitario con le scarpe di cartone e senza elmetto. Non è tollerabile in un paese civile.

Obbligare proprio i medici a contrastare il nuovo coronavirus a mani nude cercando, per di più, di arruolare giovani professionisti, in maggioranza donne, e mandarle allo sbaraglio non è più accettabile”.

La cosa deontologicamente ed eticamente più grave è che colleghi, componenti del gruppo di lavoro dell’Istituto Superiore di Sanità, abbiano abbassato le protezioni del personale sanitario proprio in un momento di massima esposizione al contagio.

Cosi si mettono a rischio tutti di coloro che sono in prima linea negli ospedali, negli ambulatori della medicina generale, nei poliambulatori delle ASL, negli ambulatori della guardia medica. Già contiamo troppi morti tra le nostre fila”.

Le mascherine chirurgiche, infatti, non proteggono i medici e gli operatori sanitari dall’inalazione di particelle aeree di piccole dimensioni. Servono solo per i malati”.

Il Consiglio dell’Ordine dei Medici di Roma ritiene gravissimo eticamente e deontologicamente che questo provvedimento sia stato suggerito dal comitato tecnico cioè da colleghi medici, perché non preserva la salute dei medici e di tutti gli operatori anzi rischia di trasformarli in untori”.

Finita l’emergenza chiederemo lumi ai direttori sanitari e ai colleghi funzionari che hanno collaborato alla stesura di queste norme, quali siano le evidenze scientifiche a cui hanno fatto riferimento. Inoltre il Consiglio dell’Ordine dei Medici ed odontoiatri di Roma e Provincia ha deciso di scrivere alla Federazione nazionale (FNOMCeO) chiedendo con urgenza un ulteriore intervento a tutela di tutti i medici italiani e ha deciso di scrivere già oggi al Presidente del Consiglio dei Ministri Conte, al Ministro della Salute Speranza e al Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro, chiedendo di modificare urgentemente il provvedimento legislativo appena adottato a tutela della cittadinanza, dei medici e degli operatori sanitari tutti che sono eroi ma non martiri”.

Nei decreti che si sono succeduti freneticamente assisto basita alla regolare scomparsa di difesa e tutela per il personale sanitario, comprensivo di tutti gli operatori che si trovano a lavorare nelle strutture ospedaliere, quelli che ipocritamente chiamano “eroi”.

Leggo nei vari decreti, comunicati e protocolli:

I dispositivi di protezione individuale DPI (facciali filtranti FFP2, sovra-camice a maniche lunghe con polsino, protezione facciale riutilizzabile e doppi guanti) vanno indossati solo dal personale che assiste un caso classificato come sospetto o certo e solo durante l’assistenza allo stesso”.

La mascherina chirurgica riduce la trasmissione dei patogeni che vengono trasportati dalle goccioline emesse quando si tossisce, si starnutisce o ci si soffia il naso, svolgendo una funzione di barriera meccanica”.

“Contatto stretto”: tra gli altri “un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta a un caso di COVID19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei”.

Il personale sanitario in contatto con un caso sospetto, probabile o confermato di COVID-19 deve indossare DPI adeguati, come indicato in Allegato 2, da cui: “È documentato che le persone maggiormente a rischio di infezione da SARS-CoV-2 sono coloro che sono stati a contatto stretto con paziente affetto da COVID-19 o coloro che si prendono cura di pazienti affetti da COVID-19

Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6  Art. 1 c. 1, lettera h) applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva.

Decreto Legge 9 marzo 2020 n. 14 Art. 7 La disposizione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che vengono sottoposti a sorveglianza. I medesimi operatori sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19.

Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 Art. 16 (Ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività)

1. Per contenere il diffondersi del virus COVID-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, sull’intero territorio nazionale, per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall’articolo 34, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.

2. Ai fini del comma 1, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, gli individui presenti sull’intero territorio nazionale sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio.

COVID-19

In pratica, riassumendo, se non sbaglio:

– riguardo i DPI, passiamo dall’utilizzo di tutto il set alla pura mascherina chirurgica;

– riguardo la quarantena, viene applicata a tutti, meno che al personale sanitario, fino a quando non presenti sintomatologia respiratoria o risulti positivo per COVID-19.

E si era persino tentato, in Emilia Romagna, di far tornare al lavoro i sanitari positivi e asintomatici su base “volontaria”…

Ora io mi domando

– quale paziente si farebbe visitare e curare senza ansia da un medico, un infermiere, un tecnico, un oss che, avendo già avuto contatti senza adeguati DPI con un paziente COVID-19 o con un collega positivo e asintomatico, non sia stato messo in quarantena, dunque potrebbe incubare il virus ed è “armato” di sola mascherina chirurgica…

– quale operatore lavorerebbe serenamente con un collega medico, infermiere, tecnico, oss che, avendo già avuto contatti senza adeguati DPI con un paziente COVID-19 o con un collega positivo e asintomatico, non sia stato messo in quarantena, dunque potrebbe incubare il virus ed è “armato” di sola mascherina chirurgica…

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1 febbraio 2020

CORONAVIRUS – DICHIARAZIONE STATO DI EMERGENZA

In G.U. n. 26 dell’1 febbraio 2020 è pubblicata la Delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020: Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.

IL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Nella riunione del 31 gennaio 2020

Visto il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, e   in particolare l’art. 7, c. 1, lettera c), e l’art. 24, c. 1;

Vista la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 26 ottobre 2012, concernente gli indirizzi per lo svolgimento delle attività propedeutiche alle deliberazioni del Consiglio dei ministri e per la predisposizione delle ordinanze di cui all’art. 5 della

legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modificazioni   e integrazioni, che, ai sensi dell’art. 15, c. 5, del citato decreto legislativo n. 1 del 2018, resta in vigore fino alla pubblicazione della nuova direttiva in materia;

Vista la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus (PHEIC) dell’Organizzazione mondiale della sanità del 30 gennaio 2020;

Viste le raccomandazioni alla comunità internazionale   della Organizzazione mondiale della sanità circa la   necessità   di applicare misure adeguate;

Considerata l’attuale situazione di diffusa crisi internazionale determinata dalla insorgenza di rischi per la pubblica e privata incolumità connessi ad agenti virali trasmissibili, che stanno interessando anche l’Italia;

Ritenuto che tale contesto di rischio, soprattutto con riferimento alla necessità di realizzare una compiuta azione di previsione e prevenzione, impone l’assunzione immediata di iniziative di carattere straordinario e urgente, per fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la   collettività presente   sul territorio nazionale;

Considerata la necessità di supportare l’attività in corso da parte del Ministero della salute e del Servizio sanitario nazionale, anche attraverso il potenziamento delle strutture sanitarie e di controllo alle frontiere aeree e terrestri;

Vista la nota del 31 gennaio 2020, con cui il Ministro della salute ha rappresentato la necessità di procedere alla dichiarazione dello stato di emergenza nazionale di cui all’art. 24 del decreto legislativo n. 1 del 2018;

Considerato, altresì, che il Fondo per le emergenze nazionali di cui all’art. 44, c. 1, del citato decreto legislativo n. 1 del 2018, iscritto nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, presenta le disponibilità necessarie per far fronte agli   interventi delle tipologie di cui alle lettere a) e b) dell’art. 25, c. 2, del decreto legislativo n. 1 del 2018, nella misura determinata all’esito della valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con il Ministero della salute;

Ritenuto, pertanto, necessario provvedere tempestivamente a porre in essere tutte le iniziative di carattere straordinario sia sul territorio nazionale che internazionale, finalizzate a fronteggiare la grave situazione internazionale determinatasi;

Tenuto conto che detta situazione di emergenza, per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari;

Ritenuto, quindi, che ricorrano, nella fattispecie, i presupposti previsti dall’art. 7, c. 1, lettera c), e dall’art. 24, c. 1, del citato decreto legislativo n. 1 del 2018, per la dichiarazione dello stato di emergenza;

Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri;

Delibera:

1) In considerazione di quanto esposto in premessa, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, c. 1, lettera c), e dell’art. 24, c. 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, è dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza   in   conseguenza   del   rischio   sanitario   connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.

2) Per l’attuazione degli interventi di cui dell’art. 25, c. 2, lettere a) e b) del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, si provvede con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, nei limiti delle risorse di cui al c. 3.

3) Per l’attuazione dei primi interventi, nelle more   della valutazione dell’effettivo impatto dell’evento in rassegna,   si provvede nel limite di euro 5.000.000,00 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all’art. 44, c. 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.

La presente delibera sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 31 gennaio 2020

Il Presidente del Consiglio dei ministri Conte

 

Art. 7, c. 1, lettera c del decreto legislativo n. 1 del 2018
Tipologia degli eventi emergenziali di protezione civile

1. Ai fini dello svolgimento delle attività di cui all’art. 2, gli eventi emergenziali di protezione civile si distinguono in:
c) emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’art. 24.

Stato di emergenza

E noi non ce ne siamo accorti, non ce ne siamo resi conto… o non siamo stati correttamente messi all’erta…? Sono sempre più spaventata…

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Ci abituiamo al buio
quando la luce è spenta;
dopo che la vicina ha retto il lume
che è testimone del suo addio,

per un momento ci muoviamo incerti
perché la notte ci rimane nuova,
ma poi la vista si adatta alla tenebra
e affrontiamo la strada a testa alta.

Così avviene con tenebre più vaste –
quelle notti dell’anima
in cui nessuna luna ci fa segno,
nessuna stella interiore si mostra.

Anche il più coraggioso prima brancola
un po’, talvolta urta contro un albero,
ci batte proprio la fronte;
ma, imparando a vedere,

o si altera la tenebra
o in qualche modo si abitua la vista
alla notte profonda,
e la vita cammina quasi dritta.

Emily Dickinson, Tutte le poesie Mondadori, 1997

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We grow accustomed to the Dark –
When Light is put away –
As when the Neighbor holds the Lamp
To witness her Goodbye –

A Moment – We uncertain step
For newness of the night –
Then – fit our Vision to the Dark –
And meet the Road – erect –

And so of larger – Darknesses –
Those Evenings of the Brain –
When not a Moon disclose a sign –
Or Star – come out – within –

The Bravest – grope a little –
And sometimes hit a Tree
Directly in the Forehead –
But as they learn to see –

Either the Darkness alters –
Or something in the sight
Adjusts itself to Midnight –
And Life steps almost straight.

Pare oggi così, nessuna luna, nessuna stella pare guidare un cammino doloroso, una sofferenza silenziosa ‘che la voce non sa dire, le parole non sanno spiegare. Sofferenza di viscere contorte, di pugni chiusi, occhi deserti.

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Sono una delle tante e dei tanti professionisti sanitari. Lavoro in sanità, per la sanità pubblica, dal 1987.

Sento il bisogno di lanciare questo messaggio, pensandolo come parole scritte su una pergamena che, inserita in una bottiglia, affiderò al mare.

Per problemi di salute, da qualche hanno opero nel settore amministrativo e attualmente sono nella segreteria di un servizio di radiologia, alla programmazione dei pazienti interni.

Non scriverò nulla che mi porti a tradire il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, né il Codice deontologico dei TSRM che così detta “consapevole che ogni prestazione sanitaria ha come presupposto il rapporto di fiducia tra operatore e persona, garantisce la riservatezza di tutte le informazioni assunte sulla persona ed in particolare di quelle raccolte durante l’anamnesi. Si adopera per il rispetto del diritto all’intimità della persona limitando le situazioni che ne possono procurare il pregiudizio”.

Posso raccontare invece ciò che provo, la sofferenza che “respiro” in queste giornate buie della nostra Storia.

Ogni giorno passano sotto i nostri occhi le richieste delle prestazioni radiologiche.

Mentre il COVID-19 si diffonde subdolamente tra noi, tutte le altre patologie imperterrite mietono vittime.

Quella che qualcuno ha chiamato l’”epidemia invisibile” ossia le patologie croniche, come malattie cardiache, respiratorie, tumori, disturbi mentali, diabete, ecc., caratterizzate da un lento e progressivo declino delle normali funzioni fisiologiche, non si ferma…

L’ictus cerebrale e l’infarto continuano a colpire.

Il cancro viene diagnosticato anche in questi giorni e uomini e donne, in questo momento già buio, ne ricevono la diagnosi e sono informati del fatto che dovranno affrontare il faticoso percorso di cura, fatto di paura, interventi, attese, chemioterapia, radioterapia…

Le persone immuno-depresse, come i dializzati, i trapiantati… non sono all’improvviso guariti.

Dietro ogni richiesta che il medico invia sta una PERSONA, un ESSERE umano in difficoltà.

Quando riceviamo una richiesta, leggiamo un nome e un cognome, una data di nascita… e a queste persone, vi giuro, io non riesco a non affezionarmi…

È a tutela di queste persone, per amore e per rispetto della loro sofferenza che, chi può, deve STARE A CASA, osservando tutte le norme e sopportando i sacrifici che questa tremenda situazione richiede.

Lo confesso: il mio cuore piange per OGNI PERSONA che, soprattutto ora, ha bisogno di cure, ora che l’assistenza deve essere più che mai attenta.

A ogni richiesta che inserisco perché i colleghi e tutti i professionisti della salute possano intervenire aggiungo una preghiera: “Che Dio ti aiuti e ti protegga”.

Ora dobbiamo pensare soprattutto ai più deboli, all’umanità “dolente”.

Chi può STIA A CASA!

Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi”.

Sant’Agostino

Ragnatela

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Dedicato a chi insiste a disquisire sulla mortalità per o con COVID-19 e non è epidemiologo né laureato in medicina…

Smettiamola noi semplici cittadini di parlare di tassi e percentuali prima di avere i dati completi, aggiornati, controllati da chi ha questo incarico e la preparazione per farlo…

Ogni persona malata è una persona che soffre per la malattia, per il timore di diffonderla, per l’isolamento a cui è costretta.

Ogni persona che muore è prima di tutto una PERSONA, non un numero

Dal sito di EpiCentro – L’epidemiologia per la sanità pubblica
Istituto Superiore di Sanità

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia

Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a COVID-19 in Italia

Sulla base delle indicazioni emanate dal Ministero della Salute nella Circolare pubblicata il 25 febbraio 2020 (protocollo 0005889-25/02/2020), la certificazione di decesso a causa di COVID-19 deve essere accompagnata da parere dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Per questo motivo, è stato creato un gruppo di lavoro dedicato allo studio delle cause di morte dei pazienti deceduti che risultavano positivi all’infezione da SARS-CoV-2.

L’analisi si basa sui dati contenuti nelle cartelle cliniche e nelle schede di morte ISTAT recanti le cause di decesso di questi pazienti. La raccolta dati avviene tramite la piattaforma web http://covid-19.iss.it, già utilizzata dalla sorveglianza nazionale, epidemiologica e virologica, dei casi di COVID-19 in Italia (coordinata dall’ISS e attivata dalla Circolare ministeriale del 22 gennaio 2020, n.1997).

Per informazioni è possibile mandare un’e-mail all’indirizzo di posta elettronica decessicovid-19@iss.it o contattare il dott. Graziano Onder (Direttore del Dipartimento Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento, ISS) al numero di telefono: 06/49904231.

Il rapporto sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a COVID-19 in Italia viene pubblicato su questa pagina il martedì e il venerdì.

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Report-COVID-2019_20_marzo.pdf

Il link riportato sopra porta al Report sulle caratteristiche dei pazienti deceduti positivi a COVID-19 in Italia basato sui dati aggiornati al 20 Marzo 2020

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