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Archive for the ‘MALATTIA PROFESSIONALE’ Category

Questa la lettera pubblicata sul British Medical Journal, scritta da un gruppo di medici italiani impegnati nella cura dei pazienti affetti da coronavirus.

L’ho tradotta dall’inglese e non sono molto ferrata in materia, ma è comunque ben comprensibile il messaggio.

Il titolo: I medici italiani chiedono di proteggere gli operatori sanitari e di rafforzare la sorveglianza della comunità durante l’epidemia di Covid-19

“Mentre l’Italia sta vivendo una situazione drammatica a causa della diffusione dell’infezione da Covid-19, sembra che possiamo fare di più per proteggere i medici e tutti i lavoratori dell’ospedale, inclusi infermieri, terapisti, tecnici e personale di supporto.

Oltre ai rischi personali che i medici e gli operatori sanitari stanno affrontando direttamente – evidenziati dalla morte del primo medico di medicina generale e delegato nazionale per la formazione medica continua Dr. Roberto Stella a Varese – gli ospedali e il personale medico rappresentano un possibile veicolo di diffusione dell’infezione da Covid-19. [1]

Il New England Journal of Medicine ha affrontato il problema dell’enorme percentuale di soggetti infetti che rimangono asintomatici e il loro ruolo nella diffusione delle epidemie. [1]

Allo stesso tempo, come sottolineato dal direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus, è stato dimostrato che in Cina circa il 41% dei casi di Covid-19 confermati a Wuhan derivava da una trasmissione correlata all’ospedale. [2]

Un modello incentrato sull’ospedale si è dimostrato inadeguato nell’affrontare l’epidemia di coronavirus. In realtà, le epidemie devono essere contrastate attraverso una sorveglianza della comunità ben pianificata a livello locale, identificando e isolando a casa casi sospetti o sintomatici. Ciò è diventato evidente poiché interi ospedali in Italia sono stati chiusi a causa della diffusione dell’infezione tra un certo numero di medici e infermieri.

Al 22 marzo, 4824 operatori sanitari erano stati infettati dal nuovo coronavirus (9% dei casi totali) con 24 medici morti: queste cifre sono peggiori di quelle osservate in Cina (3300 operatori sanitari infetti e 23 medici morti).

Emerge che la protezione degli operatori sanitari è un fattore cruciale sia per il controllo dell’epidemia sia per continuare a fornire tutte le cure necessarie alle persone con infezione da Covid-19, nonché a tutti gli altri pazienti che necessitano di trattamenti a casa o in ambiente ospedaliero. [3]
Oltre a un’adeguata fornitura urgente di dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di abiti monouso, che sono inaccettabilmente ancora carenti nel mezzo delle epidemie, proponiamo di fornire almeno a tutti gli operatori sanitari sintomatici test a risposta rapida – registrati presso il Ministero della Salute italiano – che presentano una capacità del 100% di rilevare casi negativi (altissima specificità) e rendono disponibile il risultato in un tempo compreso tra 15 e 45 minuti, a seconda dei diversi prodotti.

Questi test a risposta rapida dovrebbero essere sistematicamente forniti almeno agli operatori sanitari che mostrano qualsiasi possibile sintomo di infezione da Covid-19 (anche lieve e in assenza di febbre), nonché a coloro che sono noti per essere stati in contatto con casi sospetti o confermati. In questo modo, i servizi sanitari saranno sicuri che il personale con risultati negativi possa iniziare a lavorare in ospedale, ambulatori o strutture di assistenza a domicilio e a lungo termine per anziani e pazienti critici. I test a risposta rapida eseguiti su operatori sanitari devono essere confermati da tamponi faringei (due volte nella stessa settimana) e testati con le metodologie più affidabili basate sulla PCR, i cui risultati vengono generalmente forniti entro 48 ore”.

Di seguito il link per la lettura del testo in inglese.

https://www.bmj.com/content/368/bmj.m1065/rr-5

Provetta

I riferimenti

1. Rosenbaum L. Facing Covid-19 in Italy—Ethics, Logistics, and Therapeutics on the Epidemic’s Front Line. New England Journal of Medicine. 2020 Mar 18.
2. Wu Z, McGoogan JM. Characteristics of and important lessons from the coronavirus disease 2019 (COVID-19) outbreak in China: summary of a report of 72 314 cases from the Chinese Center for Disease Control and Prevention. JAMA 2020 February 24
3. Chang D, Xu H, Rebaza A, Sharma L, Dela Cruz CS. Protecting health-care workers from subclinical coronavirus infection. Lancet Respir Med 2020;8(3):e13-e13.

Gli autori

Filippo Anelli, President of the Italian Federation of Medical Professional Associations (FNOMCEO), Rome

Cosimo Nume, Medical Professional Association (OMCEO) of Taranto

Prisco Piscitelli, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Alessandro Miani, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Roberto Carlo Rossi, Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Ernesto Burgio, Medical Professional Association (OMCEO) of Palermo

Donato De Giorgi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Luigi Peccarisi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Ivan Gentile, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Division of Infectious Diseases, University Federico II, Naples

Maria Triassi, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Director of Public Health Department, University Federico II, Naples

Annamaria Colao, Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples

 

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Quello che scrivo non vuole essere un’accusa “politica”. Non sono un’esperta, né un’infettivologa. Sono semplicemente una donna che lavora per il SSN dal 1987.

Le mie sono considerazioni, riflessioni e deduzioni legate a fatti ed eventi recenti e documentati. Sono valutazioni etiche e morali che vanno oltre la ferrea e troppo spesso “fredda” e “frettolosa” lettura di norme e leggi.

Ho visto i decreti del governo “adattarsi” all’andamento del flagello che ci ha colpito.

Le misure dovrebbero mirare a “contenere” la diffusione e i danni di una malattia che si è dimostrata spietata e subdola.

E le misure, pur nell’emergenza, dovrebbero essere “previdenti” e lungimiranti, credo, riferite ad azioni che riguardano tutte le persone e la vita e la salute e i diritti tutti di ogni persona.

Le misure dovrebbero essere rispettose della nostra Costituzione che difende i “diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

Tra questi la salute come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, con la precisazione che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Credo che la fretta, l’inosservanza di quella che chiamano la “diligenza del buon padre di famiglia” e la distrazione abbiano portato a non ascoltare la voce proprio dei singoli e delle formazioni sociali coinvolte nel percorso di cura della malattia.

Mi riferisco alle persone sul campo, a ognuno dei professionisti della salute, ai sindacati di medici, infermieri, tecnici coinvolti nella cura quotidiana, in una lotta combattuta con sudore, lacrime e talvolta rassegnazione. È gente questa che non sta in cattedra, gente che ogni giorno rischia veramente perch progressivamente è stata disarmata.

D.L. 23 febbraio 2020 n. 6, Art. 1 c. 2, lettera h) prevedeva “ l’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva”.

6 marzo 2020 – In molti, tra cui il presidente del Veneto Luca Zaia, denunciavano la propria preoccupazione per l’alto numero di positivi per COVID-19 tra i professionisti della Sanità: “Abbiamo 450 persone del mondo della sanità che sono in isolamento fiduciario, stanno a casa, non possono lavorare e non sono positivi. Per questi ho chiesto più volte al ministro, al Governo e al presidente del Consiglio la possibilità di riconoscere e dare a loro la possibilità di lavorare. Penso e spero che questo problema si risolva, altrimenti svuotiamo il mondo della sanità dagli operatori. […]
Si dia ai medici la possibilità di poter operare anche se rappresentano dei contatti con persone positive. Non possiamo mettere in isolamento fiduciario i medici per 14 giorni”.

Veniva proposta la presenza “volontaria, garantendo tutta una serie di attività come il tampone quotidiano dei sanitari negativi, ma anche di quelli che hanno avuto l’evenienza o un contatto con un positivo. […] I negativi asintomantici, che sono i nostri angeli, non sono solo i medici ma tutti gli operatori della sanità”.

Al governatore faceva eco il professor Andrea Crisanti, direttore dell’unità operativa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova: ”Un’autentica follia: di questo passo rischiamo di dover chiudere i reparti”.1

Arriviamo così al D.L. 9 marzo 2020, n. 14 che all’art. 7 prevede che “La disposizione di cui all’art. 1, c. 2, lettera h), del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che vengono sottoposti a sorveglianza. I medesimi operatori sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19”.

Traduzione: l’operatore sanitario che, pur avendo avuto un contatto stretto con un positivo a COVID-19, ha tampone negativo, rimane al lavoro sino a quando non presenta problemi respiratori o esito positivo al tampone.

Si decide questo nonostante il Ministero della salute nel proprio sito stimi che il periodo di incubazione vari fra 2 e 11 giorni, fino a un massimo di 14 giorni.

In questo lasso di tempo anche un asintomatico può infettare. Se si tratta di un operatore sanitario può contagiare pazienti e colleghi.

Nel frattempo quindi sale a circa 6.400 il numero degli operatori sanitari contagiati e questo numero rappresenta coloro che sono stati sottoposti a tampone.

Quanti saranno i non testati perché asintomatici?

Quale il numero di pazienti contagiati involontariamente nelle stesse strutture sanitarie?

E ora si parla di task force di infermieri volontari, si richiamano dalla pensione proprio le persone che potrebbero essere più sensibili al virus, si pensa di chiamare alle armi ogni neolaureato in medicina.

Lo ripeto: non sono un’esperta, né un’infettivologa. Sono semplicemente una donna che lavora per il SSN dal 1987.

Ma mi sento di dire che il rispetto della salute di tutti e l’applicazione dell’unica arma possibile ossia l’ISOLAMENTO in QUARANTENA di ogni persona, familiari, colleghi, sanitari compresi, forse avrebbe dato risultati diversi.

Forse tutelando i diritti costituzionali dei singoli si sarebbe potuto tutelare meglio la collettività…

Le strutture sanitarie e gli operatori stessi stanno diventando luoghi e veicoli di infezione, questa la “denuncia” di 13 medici del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, pubblicata sul New England Journal of medicine:

Western health care systems have been built around the concept of patient-centered care, but an epidemic requires a change of perspective toward a concept of community-centered care. What we are painfully learning is that we need experts in public health and epidemics, yet this has not been the focus of decision makers at the national, regional, and hospital levels. We lack expertise on epidemic conditions, guiding us to adopt special measures to reduce epidemiologically negative behaviors”. 2

I sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti attorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un un’epidemia richiede un cambio di prospettiva verso un concetto di assistenza centrata sulla comunità. Quello che noi stiamo dolorosamente apprendendo è che abbiamo bisogno di esperti in sanità pubblica ed epidemie, eppure non è così per l’attenzione dei decisori a livello nazionale, regionale e ospedaliero. Ci manca competenza su condizioni epidemiche, competenza che ci guidi ad adottare misure speciali per ridurre epidemiologicamente i comportamenti sbagliati”. 2

For example, we are learning that hospitals might be the main Covid-19 carriers, as they are rapidly populated by infected patients, facilitating transmission to uninfected patients. Patients are transported by our regional system,1 which also contributes to spreading the disease as its ambulances and personnel rapidly become vectors. Health workers are asymptomatic carriers or sick without surveillance; some might die, including young people, which increases the stress of those on the front line”. 2

Ad esempio, stiamo imparando che gli ospedali potrebbero essere i principali vettori di Covid-19, poiché sono popolato rapidamente da pazienti infetti, facilitando la trasmissione a pazienti non infetti. Pazienti sono trasportati dal nostro sistema regionale, che contribuisce anche a diffondere la malattia poiché le ambulanze e il personale possono diventare rapidamente vettori. Gli operatori sanitari sono portatori asintomatici o malato senza sorveglianza; alcuni potrebbero morire, compresi i giovani, e questo aumenta lo stress quelli in prima linea”. 2

Chernobyl

1 https://www.ilgazzettino.it/video/nordest/coronavirus_medici_veneto_zaia-5094853.html.

2 https://catalyst.nejm.org/doi/abs/10.1056/CAT.20.0080

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Roma, 20.03.2020

Questo sostengono Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti, rispettivamente Presidente e Vice Presidente dell’Ordine provinciale di Roma dei Medici e degli odontoiatri, in vista di un consiglio straordinario dell’Ordine, per valutare la gravità delle indicazioni dell’ultimo Rapporto Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità a seguito del quale il Governo, con il Decreto Legge “Cura Italia” n. 18 del 17.3.2020, obbliga l’utilizzo di mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo alla protezione.

Medici e cittadini italiani hanno ormai compreso che scarseggiano i dispositivi di protezione individuali, i famosi DPI. Ma questo non può giustificare che si peggiori l’attuale drammatica situazione mandando in guerra medici e tutto il personale sanitario con le scarpe di cartone e senza elmetto. Non è tollerabile in un paese civile.

Obbligare proprio i medici a contrastare il nuovo coronavirus a mani nude cercando, per di più, di arruolare giovani professionisti, in maggioranza donne, e mandarle allo sbaraglio non è più accettabile”.

La cosa deontologicamente ed eticamente più grave è che colleghi, componenti del gruppo di lavoro dell’Istituto Superiore di Sanità, abbiano abbassato le protezioni del personale sanitario proprio in un momento di massima esposizione al contagio.

Cosi si mettono a rischio tutti di coloro che sono in prima linea negli ospedali, negli ambulatori della medicina generale, nei poliambulatori delle ASL, negli ambulatori della guardia medica. Già contiamo troppi morti tra le nostre fila”.

Le mascherine chirurgiche, infatti, non proteggono i medici e gli operatori sanitari dall’inalazione di particelle aeree di piccole dimensioni. Servono solo per i malati”.

Il Consiglio dell’Ordine dei Medici di Roma ritiene gravissimo eticamente e deontologicamente che questo provvedimento sia stato suggerito dal comitato tecnico cioè da colleghi medici, perché non preserva la salute dei medici e di tutti gli operatori anzi rischia di trasformarli in untori”.

Finita l’emergenza chiederemo lumi ai direttori sanitari e ai colleghi funzionari che hanno collaborato alla stesura di queste norme, quali siano le evidenze scientifiche a cui hanno fatto riferimento. Inoltre il Consiglio dell’Ordine dei Medici ed odontoiatri di Roma e Provincia ha deciso di scrivere alla Federazione nazionale (FNOMCeO) chiedendo con urgenza un ulteriore intervento a tutela di tutti i medici italiani e ha deciso di scrivere già oggi al Presidente del Consiglio dei Ministri Conte, al Ministro della Salute Speranza e al Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro, chiedendo di modificare urgentemente il provvedimento legislativo appena adottato a tutela della cittadinanza, dei medici e degli operatori sanitari tutti che sono eroi ma non martiri”.

Nei decreti che si sono succeduti freneticamente assisto basita alla regolare scomparsa di difesa e tutela per il personale sanitario, comprensivo di tutti gli operatori che si trovano a lavorare nelle strutture ospedaliere, quelli che ipocritamente chiamano “eroi”.

Leggo nei vari decreti, comunicati e protocolli:

I dispositivi di protezione individuale DPI (facciali filtranti FFP2, sovra-camice a maniche lunghe con polsino, protezione facciale riutilizzabile e doppi guanti) vanno indossati solo dal personale che assiste un caso classificato come sospetto o certo e solo durante l’assistenza allo stesso”.

La mascherina chirurgica riduce la trasmissione dei patogeni che vengono trasportati dalle goccioline emesse quando si tossisce, si starnutisce o ci si soffia il naso, svolgendo una funzione di barriera meccanica”.

“Contatto stretto”: tra gli altri “un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta a un caso di COVID19 senza l’impiego dei DPI raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei”.

Il personale sanitario in contatto con un caso sospetto, probabile o confermato di COVID-19 deve indossare DPI adeguati, come indicato in Allegato 2, da cui: “È documentato che le persone maggiormente a rischio di infezione da SARS-CoV-2 sono coloro che sono stati a contatto stretto con paziente affetto da COVID-19 o coloro che si prendono cura di pazienti affetti da COVID-19

Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6  Art. 1 c. 1, lettera h) applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva.

Decreto Legge 9 marzo 2020 n. 14 Art. 7 La disposizione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6 non si applica agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che vengono sottoposti a sorveglianza. I medesimi operatori sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19.

Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 Art. 16 (Ulteriori misure di protezione a favore dei lavoratori e della collettività)

1. Per contenere il diffondersi del virus COVID-19, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, sull’intero territorio nazionale, per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, sono considerati dispositivi di protezione individuale (DPI), di cui all’articolo 74, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n.81, le mascherine chirurgiche reperibili in commercio, il cui uso è disciplinato dall’articolo 34, comma 3, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9.

2. Ai fini del comma 1, fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, gli individui presenti sull’intero territorio nazionale sono autorizzati all’utilizzo di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull’immissione in commercio.

COVID-19

In pratica, riassumendo, se non sbaglio:

– riguardo i DPI, passiamo dall’utilizzo di tutto il set alla pura mascherina chirurgica;

– riguardo la quarantena, viene applicata a tutti, meno che al personale sanitario, fino a quando non presenti sintomatologia respiratoria o risulti positivo per COVID-19.

E si era persino tentato, in Emilia Romagna, di far tornare al lavoro i sanitari positivi e asintomatici su base “volontaria”…

Ora io mi domando

– quale paziente si farebbe visitare e curare senza ansia da un medico, un infermiere, un tecnico, un oss che, avendo già avuto contatti senza adeguati DPI con un paziente COVID-19 o con un collega positivo e asintomatico, non sia stato messo in quarantena, dunque potrebbe incubare il virus ed è “armato” di sola mascherina chirurgica…

– quale operatore lavorerebbe serenamente con un collega medico, infermiere, tecnico, oss che, avendo già avuto contatti senza adeguati DPI con un paziente COVID-19 o con un collega positivo e asintomatico, non sia stato messo in quarantena, dunque potrebbe incubare il virus ed è “armato” di sola mascherina chirurgica…

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Presso il Ministero del lavoro – Direzione Generale Rapporti di Lavoro – è istituita la Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati.
La Commissione è composta da laureati, esperti in materia di sorveglianza medica della protezione dalle radiazioni ionizzanti, di cui:
• due designati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale tra i propri funzionari tecnici;
• uno designato dal Ministero della sanità tra i propri funzionari tecnici;
• uno designato dall’Istituto superiore di sanità;
• uno designato dall’Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro;
• uno designato dal Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica tra i professori universitari di ruolo;
• due designati dall’Agenzia nazionale per la proiezione dell’ambiente, di cui uno laureato in materie scientifiche esperto in sorveglianza fisica della radioprotezione.
In corrispondenza di ogni membro effettivo è nominato un supplente.

Queste le poche informazioni sulla Commissione in questione.
Da tempo chiedo inutilmente i nominativi dei componenti.
Ebbene, a detta della dott.ssa Carla Antonucci, con cui mi trovo a confrontarmi, non ho diritto all’informazione: in parole povere, io cittadina non posso conoscere i nomi dei componenti di detta Commissione pubblica, perché la dottoressa considera le informazioni richieste “eccedenti rispetto all’interesse che si presume collegato a quanto richiesto”.
È questo forse un esempio della trasparenza della P.A.?

Sarei grata a chiunque decidesse gentilmente di rispondere alla mia richiesta.

Cordiali saluti
Rosa Noci

Di seguito gli indirizzi mail di alcuni dei personaggi contattati:
segreteriaministrogiovannini@lavoro.gov.it
Prof. Enrico Giovannini

segreteriaviceministroguerra@lavoro.gov.it
Prof.ssa Maria Cecilia Guerra

segrsottosegretariosantelli@lavoro.gov.it
Avv. Jole Santelli

segrgabinetto@lavoro.gov.it
Prof. Francesco Tomasone

segreteriatecnica@lavoro.gov.it
Prof.ssa Laura Piatti

ufficiolegis@lavoro.gov.it
Cons. Claudio Contessa

ufficiolegis@lavoro.gov.it
Dott. Romolo de Camillis

Dott. Paolo Pennesi
ppennesi@lavoro.gov.it

scarra@lavoro.gov.it
Dott.ssa Silvia Scarra

SegreteriaComitatoNazionaleParita@lavoro.gov.it

Dott.ssa Rosanna Margiotta
rmargiotta@lavoro.gov.it

lfantini@lavoro.gov.it
Dott. Lorenzo Fantini

Dott.ssa Paola Urso
purso@lavoro.gov.it

Dott.ssa Valeria Bellomia
vbellomia@lavoro.gov.it

Dott.ssa Carla Antonucci
cantonucci@lavoro.gov.it

Dott. Giuseppe Sapio
gsapio@lavoro.gov.it

Div2TutelaLavoro@lavoro.gov.it

Div3TutelaLavoro@lavoro.gov.it

Div4TutelaLavoro@lavoro.gov.it

Div5TutelaLavoro@lavoro.gov.it

Div6TutelaLavoro@lavoro.gov.it

Div7TutelaLavoro@lavoro.gov.it

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Cari Colleghi TSRM,
trovo scarso interesse da parte vostra sull’argomento Protezionistica.
Probabilmente non conoscete l’apparato cui è sottoposto il controllo della nostra salute in ambito lavorativo.
Come tutti gli apparati è complesso e non privo di scappatoie e contraddizioni per i vari operatori che lo sostengono.
Non starò a scrivere ora tutto ciò che riguarda i compiti di esperto qualificato e medico autorizzato.

Vi informo che l’operato, ad esempio, del medico autorizzato che vi controlla periodicamente è vigilato… da chi??? Non si sa.
Nel senso che siete voi che lo dovreste controllare e, nel caso non vi troviate in accordo con il soggetto, proporre un ricorso avverso.

Il ricorso va presentato al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali che, sentito il parere della Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati, vi risponderà.
Sia chiaro: vi risponderà semplicemente comunicandovi se il ricorso è accolto o meno, ma voi non saprete né chi ha visionato la vostra documentazione, né i criteri di giudizio.

Per sapere qualcosa, dovrete fare domanda di accesso agli atti e sperare che le informazioni da voi richieste non siano “eccedenti rispetto all’interesse che si presume collegato”…
È abbastanza chiaro il concetto?

Verrà deciso della vostra idoneità lavorativa o, meglio, della vostra salute legata all’attività che svolgete, ma potrà accadere che non vi sia concesso di sapere né chi decide, né in base a quali criteri.

Incuriosita dunque da tanta segretezza, ho tentato di scoprire chi compone questa fantomatica commissione di esperti.
Ho inviato la mail che trovate scritta di seguito a:

ppennesi@lavoro.gov.it
cantonucci@lavoro.gov.it
info@urp.it
caposegreteriaviceministro@lavoro.gov.it (Dr.ssa Bonanni)
centrodicontatto@lavoro.gov.it
backoffice@lavoro.gov.it
segreteriaviceministro@lavoro.gov.it (Prof. Michel Martone)
segretario.generale@civit.it (Dr.ssa Bianconi)
segreteria.commissione@civit.it (Dr Martone e dr Natalini)
segreteria.presidente@civit.it (Dr.ssa Rizzo)
e.midena@civit.it
presidente@airm.name (Prof. Trenta)
segretario@airm.name
gabriele@campurra.it (sempre di airm)

Gentile Dr./Prof.,
sono un TSRM, tecnico sanitario di radiologia medica, e vorrei conoscere i nomi degli otto componenti, attualmente in carica, della Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati.

Tale Commissione è istituita presso il Ministero del lavoro – Direzione Generale Rapporti di Lavoro ed è composta da laureati, esperti in materia di sorveglianza medica della protezione dalle radiazioni ionizzanti, di cui:
due designati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale tra i propri funzionari tecnici;
uno designato dal Ministero della sanità tra i propri funzionari tecnici;
uno designato dall’Istituto superiore di sanità;
uno designato dall’Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro;
uno designato dal Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica tra i professori universitari di ruolo;
due designati dall’Agenzia nazionale per la proiezione dell’ambiente
, di cui uno laureato in materie scientifiche esperto in sorveglianza fisica della radioprotezione.
I componenti della Commissione e il Segretario sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. In corrispondenza di ogni membro effettivo è nominato un supplente.

Ebbene, i nominativi dei componenti di questa Commissione non sono reperibili sul sito del Governo. Di conseguenza, ho contattato ripetutamente l’URP e i Dirigenti del Ministero del lavoro che trovano la mia richiesta “irritale” e “non pertinente”.

Essendo io un TSRM, ritengo al contrario di avere “interesse”, se non diritto, a quanto richiesto, non solo come cittadina, ma anche come lavoratore del settore.
La Commissione, a quanto mi risulta, è un organo pubblico.
Perciò non riesco a cogliere le ragioni di tanta reticenza.

Per questo mi rivolgo a Lei, sperando in un riscontro favorevole.
Cordiali saluti
Rosa Noci

La dr.ssa Carla Antonucci, dopo uno scambio nutrito di mail, si arrocca sulla posizione per cui la richiesta dei nominativi della Commissione in questione eccede il mio interesse “presunto”…
Presunto da chi?
Da lei stessa naturalmente.
Preciso: non ho richiesto i nomi degli esperti che hanno giudicato il mio procedimento.
Ho richiesto i nomi dei componenti la Commissione.

Uno dei medici contattati, mi risponde con la mail sottostante:
Gentile Signora,
posso solo dirLe che conosco il nominativo di uno o due componenti della Commissione cui si riferisce, e che una volta pure io sono stato commissario. Forse la reticenza del Ministero si spiega sulla base del fatto che si vogliono evitare richieste di “raccomandazioni” o addirittura di minacce come a volte nel nostro Paese si verifica.
Cordiali saluti
Dr. …

Quindi, secondo questo medico, il motivo di tanta segretezza sta nelle cattive abitudini della nostra Italietta…
C’è altro da aggiungere?

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Solo una domanda: qualcuno di voi, per caso, conosce i nomi dei membri segreti della Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati???

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Per i TSRM che non lo sapessero, il ricorso avverso al giudizio di idoneità alle radiazioni ionizzanti si presenta alla DIREZIONE GENERALE DELLE RELAZIONI INDUSTRIALI E DEI RAPPORTI DI LAVORO presso il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI.

Il “caso” in questione viene sottoposto all’attenzione di una commissione: COMMISSIONE PER L’ISCRIZIONE NELL’ELENCO NOMINATIVO DEI MEDICI AUTORIZZATI.

Il TSRM non si deve aspettare alcuna spiegazione e nemmeno potrà sapere da chi è composta la commissione, nemmeno richiedendone specificatamente i nominativi.

Io ci ho provato più volte senza ottenere risposta.

Ho inviato mail agli indirizzi dei vari responsabili e alle segreterie:

ppennesi@lavoro.gov.it
lfantini@lavoro.gov.it
div3tutelalavoro@lavoro.gov.it
cantonucci@lavoro.gov.it
div6tutelalavoro@lavoro.gov.it

Questa la parte della mail con cui chiedo informazioni:

“Chiedo cortesemente i nominativi dei componenti la Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati.
Chiedo cortesemente anche il nominativo del responsabile del procedimento di ricorso avverso da me avviato.
Ribadisco la richiesta di parametri di riferimento e dei riferimenti normativi applicati dalla Commissione per il mio caso.
In attesa di riscontro, porgo cordiali saluti
Rosa Noci”

calati-juncu-ca-passa-la-china-cosi-e-la-politica-governo-finanza-legalita-speciale-italia

Ribadisco: NON RISPONDONO!

Io, nel frattempo, ho almeno cercato di sapere chi sono quelli che non rispondono…

Dr.ssa Carla Antonucci
Titolo Conseguito: Laurea in Scienze Politiche (110/110 cum laude)
Totale annuo lordo: € 73.953,74

Dr Lorenzo Fantini
Titolo Conseguito: Laurea in giurisprudenza
Totale annuo lordo: € 79.817,74

Dr Paolo Pennesi
Titolo conseguito: Laurea in giurisprudenza (voto 110/110)
Totale annuo lordo: € 158.751,66

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Dott. Marco Bottazzi responsabile Consulenza Medico-Legale INCA-CGIL Nazionale

Dott. Carmelo Marmo Dirigente Medico di II Livello Sede INAIL di Rieti

Da scritti a cura del Dott. Marco Bottazzi, riporto importanti considerazioni sul riconoscimento delle malattie professionali in particolare tabellate.

In accordo con gli studiosi sullo specifico argomento, ritengo che le neoplasie causate dal lavoro siano in Italia, come negli altri Paesi dell’Unione Europea e dell’intero globo, ampiamente sottostimate per il convergere di molteplici ragioni tra cui:

1) mancanza di specificità dei tumori da lavoro rispetto a quelli per altre cause ( tranne l’eccezione del mesotelioma da asbesto, dell’emangiosarcoma epatico da cloruro di vinile, dei carcinomi delle fosse nasali e dei seni paranasali da polveri di legno );

2) mancanza di conoscenze di medicina del lavoro e quindi dei tumori da lavoro da parte dei medici di base del Servizio Sanitario Nazionale ed anche degli stessi oncologi;

3) criteriologia troppo restrittiva da parte dell’INAIL circa le forme neoplastiche da ammettere all’indennizzo per cui generalmente sono riconosciuti come tumori professionali solo quelli dovuti ad agenti, miscele e circostanze di esposizione lavorativa classificati nel gruppo 1 della IARC, con qualche maggiore problema per le miscele.

Ritengo di formulare proposte in merito alle fattispecie che possono vedere un riconoscimento assicurativo, nel rispetto dei criteri medico-legali, quali:

1) tutti i tumori derivanti dai rischi di cui alla tabella per le malattie professionali;

2) tutti i tumori conseguenti all’esposizione a cancerogeni della classe 1 IARC o che sono stati riconosciuti come certamente cancerogeni per l’uomo da altre istituzioni internazionali e che non hanno ancora visto l’inserimento nelle tabelle di legge;

3) tumori conseguenti a rischi tabellati, manifestatisi in organi non considerati bersaglio dallo IARC o da altro organismo scientifico internazionale ma per cui esistono dati epidemiologici e di letteratura ( vedi a tal riguardo la Tabella 1 elaborata congiuntamente );

4) tumori in lavoratori esposti a rischi (sostanze o cicli produttivi) non ancora valutati dallo IARC o dagli altri Istituti ma per cui esistono dati epidemiologici e di letteratura significativi;

5) tumori per esposizioni a probabile cancerogeno classe 2A IARC, anche se queste neoplasie dovrebbero essere collocate fra le malattie professionali meritevoli di tutela assicurativa tabellare.

Per quanto riguarda gli agenti, miscele e circostanze di esposizione classificate nel gruppo 2B della IARC ritiengo che essi debbano essere egualmente denunciati all’Istituto Assicuratore a fronte di dati che comprovino un eccesso di rischio basandosi in particolare sui dati epidemiologici.
Appare utile ricordare, brevemente, i principi che regolano la causalità da lavoro nel riconoscimento delle neoplasie.

Se la causa extralavorativa ha solo in parte concorso a causare la malattia, il lavoratore ha diritto alle prestazioni assicurative, alla luce del principio della equivalenza delle cause vigente nel nostro sistema giuridico in base al quale le condizioni da sole sufficienti a determinare un evento sono considerate tutte e ognuna causa dell’evento stesso.

Per tale ragione è da ritenere che un tumore può essere riconosciuto come professionale anche se il lavoratore sia stato esposto anche a fattori cancerogeni non occupazionali.

Quando un fattore professionale e un altro fattore esercitano un effetto congiunto moltiplicativo sul rischio, la presenza di una esposizione extraprofessionale influenza ma non modifica la frazione di rischio attribuibile legata al solo fattore professionale.

Affinché sussista il rapporto etiologico è sufficiente che si realizzi una condizione di lavoro idonea a produrre la malattia, da cui consegue l’evento, e che non vi sia prova che tale malattia si ricolleghi al sopraggiungere di fattori eccezionali e/o atipici, con la conseguenza che il nesso di causalità deve dunque ritenersi sussistente anche quando la malattia neoplastica sia stata concausata da fattori estranei all’ambiente di lavoro come, ad esempio, il tabagismo.

Guariniello R. così “tra i criteri-guida indicati dalla giurisprudenza per l’identificazione del nesso causale tra lavoro e tumore, fa spicco quello che riconosce all’agente cancerogeno una duplice valenza, non solo come causa iniziante, bensì pure come causa concorrente nell’aggravare una malattia già instaurata, non importa se manifestatasi oppure no”.

Frequenti sono i casi in cui non sono disponibili dati epidemiologici relativi alle situazioni lavorative del singolo assicurato, ma solo quelli riferiti a situazioni analoghe; noi crediamo che in questi casi sia egualmente possibile la dimostrazione del rapporto di causalità tra esposizione lavorativa e malattia
.
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Di seguito considerazioni da scritti del Dott. Carmelo Marmo

Apparirebbe logico che la “ presunzione legale di origine debba essere prevista per le malattie causate da agenti con “ certo “ e “ sicuro “ potere patogeno ( nella fattispecie oncogeno ) e non agli agenti a “ probabile “ potere patogeno ( nella fattispecie oncogeno ). Dal D.M. del 27.4.2004 non si evince che nessuna malattia meriti quindi di essere inserita fra quelle per cui è valida la “ presunzione legale di origine “.
Sulla base di quanto ho avuto modo di approfondire dall’esame degli studi sull’argomento, ritengo di proporre un ampliamento della tutela delle forme tabellate ( con diritto quindi alla presunzione legale di origine della relativa forma tumorale ):
– a tutte le voci del gruppo 1 IARC;
– ad alcune voci del gruppo 2A IARC (mediante approfondimenti interpretativi dello studio del rischio relativo) ma non a tutte;
– a tutte le voci di sicura cancerogenicità delle altre Istituzioni (NTP – USA, Unione Europea, DFG tedesca, EPA -USA, CCTN italiana, ACGIH, etc.);
ad alcune voci ( ma non a tutte ) di probabile cancerogenicità delle altre Istituzioni, come riportate nella Tabella 1

Dato che parliamo di indennizzo dei tumori professionali e lavoro correlati e quindi dello studio del nesso di causalità desidero sottolineare che sono in pieno accordo con il Dott. Marco Bottazzi quando afferma che nello studio eziopatogenetico non possiamo fare riferimento a valori limite.

Infatti i tumori riconosconono origini plurifattoriali, perché si verifichino occorrono non una sola mutazione del genoma cellulare ma più mutazioni e queste magari sono dovute a più esposizioni ad agenti genotossici “ inizianti “ diversi durante tutto l’arco della vita lavorativa, con ulteriori meccanissmi “ promoventi “ di cancerogeni epigenetici, sono eventi stocastici (in cui la dose “ lineare e senza soglia “ dell’agente cancerogeno genotossico incide sulla probabilità del suo verificarsi ), si manifestano in persone che, a differenza degli animali da esperimento mantenuti in vita in situazioni standard, hanno un vissuto molto variegato e a contatto con molteplici cause di rischio oncogeno ( anche extralavorative ) ma in cui la responsabilità delle cause professionali non può, non deve essere mai sottovalutata.

Giova riportare per quanto riguarda i tumori radioindotti “ certi “ l’elenco di cui al CCNL (Contratto Collettivo di Lavoro del personale dipendente ) del 1992 dell’ENEA per i quali non dovrebbe essere applicato in ambito INAIL il criterio della probabilità di causa ma dovrebbe essere introdotto per via tabellare ( tabella industria ) il criterio della “ presunzione legale di origine”:

1) tumori maligni dell’osso ( per rischio di contaminazione interna da radionuclidi osteotropi);
2) tumori maligni della tiroide;
3) tumori maligni della mammella femminile;
4) tumori maligni dei bronchi e dei polmoni ( per rischi da inalazione di radionuclidi );
5) leucemia ( esclusa la leucemia linfatica cronica );
6) linfomi maligni non-Hodgkin;
7) mieloma multiplo;
8) tumori maligni dell’esofago, dello stomaco e del colon retto;
9) tumori maligni del fegato e delle vie biliari ( per rischi di contaminazione interna );
10) tumori maligni del rene e della vescica;
11) tumori maligni della cute ( escluso il melanoma ), insorti su pregressa radiodermite acuta o su radiodermite cronica.

Il criterio della “ probabilità di causa “, sempre con le modifiche sopra esposte, dovrebbe essere utilizzato per le forme neoplastiche da radiazioni ionizzanti “ dubbie “.
Infatti anche per i tumori da radiazioni ionizzanti valgono le medesime considerazioni fatte per i cancerogeni chimici genotossici: e che cioè si tratta di eventi fisici che causano effetti stocastici in cui la dose ( di tipo lineare e senza soglia ) incide solo sulla probabilità dell’effetto ( neoplasia ).
Ed inoltre anche in questo caso valgono le considerazioni sul tipo di risposta individuale ( su base costituzionale o acquisita ) alle radiazioni ionizzanti che rendono assai discutibili applicazioni di algoritmi circa la valutazione di effetti cancerogeni in organi dove sia su base sperimentale sia su base epidemiologica è comprovata la radioinducibilità tumorale.
Quest’ultima varierà con il variare della risposta individuale che, proprio perché i tumori riconoscono molteplici cause, non può essere circoscritto dall’applicazione di formule matematiche.
Queste possono trovare applicazione per le forme “ dubbie “ ai fini di non penalizzare l’assicurato a causa dei naturali limiti del sapere umano e quindi per determinare una maggiore ma “ temperata “ apertura all’indennizzo dei tumori professionali: il cui problema, desidero ribadirlo con molta enfasi, non è che sono soprastimati ma anzi sottostimati a grave danno dei lavoratori. E qui mi richiamo all’articolo 38 della Costituzione.

CONCLUSIONI COMUNI

Fermo restando le rispettive ipotesi di lavoro prospettate, concordiamo sulla considerazione che le attuali metodiche di indennizzo dei tumori professionali sono sfavorevoli agli assicurati partendo dalla considerazione che non si può restringere la tutela solo alle forme tumorali del gruppo 1 IARC.

campagna Inail malattie professionali

Dite di non voltare le spalle???
Voi dell’Inail???
E allora smettete di farlo, lasciando noi lavoratori a combattere per la tutela che promettete di GARANTIRE!!!
SMETTETE VOI DI VOLTARCI LE SPALLE!!!

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Presso il Ministero del lavoro – Direzione Generale Rapporti di Lavoro – è istituita la Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati.

La Commissione è composta da laureati, esperti in materia di sorveglianza medica della protezione dalle radiazioni ionizzanti, di cui:

due designati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale tra i propri funzionari tecnici
;

uno designato dal Ministero della sanità tra i propri funzionari tecnici;

uno designato dall’Istituto superiore di sanità;

uno designato dall’Istituto superiore per la sicurezza sul lavoro;

uno designato dal Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica tra i professori universitari di ruolo;

due designati dall’Agenzia nazionale per la proiezione dell’ambiente
, di cui uno laureato in materie scientifiche esperto in sorveglianza fisica della radioprotezione.

Le funzioni di segreteria della Commissione sono espletate da un funzionario del Ministero del Lavoro.
I componenti della Commissione, il Presidente, scelto tra i membri del Ministero del Lavoro, e il Segretario sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, durano in carica cinque anni e possono essere riconfermati. In corrispondenza di ogni membro effettivo è nominato un supplente.

È a queste persone dunque che il mio ricorso avverso all’idoneità alle radiazioni ionizzanti è stato sottoposto.
Ne ho cercato inutilmente nome e cognome.
Ho cercato perché vorrei sapere in quali mani è la tutela della mia salute.
Credo sia un mio diritto, ma si sa come funziona nel nostro Paese: la trasparenza è virtuale… se ne parla, ma trovarla applicata nella realtà, no, non è facile…
La realtà è un’altra cosa.
E così questi signori hanno avuto tra le mani la mia documentazione, ma io non riesco a sapere chi essi siano.

Devo essere sincera: il fatto che si tratti di una “commissione”, in se stesso non mi dà tranquillità, non in Italia, nel Paese della corruzione e del pressapochismo.
Se poi penso alle ultime vicende che chiamarono in campo questo tipo di commissioni, mi viene una strizza che nemmeno posso descrivere.

Qualcuno sa cosa sia la La Commissione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi?
È la struttura di collegamento tra il Servizio Nazionale della Protezione Civile e la comunità scientifica.
La sua funzione principale è fornire pareri di carattere tecnico-scientifico su quesiti del Capo Dipartimento e dare indicazioni su come migliorare la capacita di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi.
Quella Commissione lì, Grandi Rischi, è quella che si è riunita a L’Aquila pochi giorni prima del terremoto del 6 Aprile 2009.
Sono quelli che si limitarono in quella riunione a una valutazione “superficiale, approssimativa e generica” con “affermazioni apodittiche e autoreferenziali, del tutto inefficaci ai doveri normativi imposti”.
Quelli la cui “carente analisi del rischio sismico non si è limitata alla omessa considerazione di un singolo fattore ma alla sottovalutazione di molteplici indicatori di rischio e delle correlazioni esistenti tra tali indicatori”.
Quelli che “Non dovevano dunque prevedere il sisma, ma valutare il rischio sulla base delle loro effettive conoscenze e calibrare una corretta informazione”.
Quelli a cui non si contesta quindi un “mancato allarme”, ma una “inidonea valutazione del rischio” e una “inidonea informazione”.

index

Tornando alla Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati,
io, TSRM, con diverse patologie tabellate e riconducibili all’azione delle radiazioni ionizzanti, vorrei poter accertare se l’analisi dei miei dati sia stata “svolta in modo pertinente e in linea con i doveri di previsione e prevenzione e analisi del rischio imposto dalla normativa vigente. E se tale condotta sia stata adeguata e coerente con il patrimonio scientifico conoscitivo comune tra i vari componenti della commissione”.

Chiedo troppo?

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Ecco la risposta, firmata dalla dr.ssa Carla Antonucci, dirigente, Direzione generale delle Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro.
Oggetto: Idoneità

In riferimento alla richiesta di chiarimenti in merito al ricorso avverso il giudizio di idoneità con limitazioni espresso dal dott. … nel maggio u.s., si fa presente che la Commissione per l’iscrizione nell’elenco nominativo dei medici autorizzati, a cui viene sottoposto il ricorso per una valutazione degli aspetti tecnico-scientifici, esprime il proprio parere alla luce delle attuali conoscenze scientiigiche in materia di radioprotezione.
Ad ogni buon fine, si consiglia di far riferimento allo stesso medico autorizzato, dott. …, che potrà fornire utili informazioni anche sugli aspetti normativi inerenti alla radioprotezione del lavoratore.

arroganza

Ed ecco rappresentati:
alla sinistra dello schermo lo Stato e alla destra la sottoscritta… Così almeno io mi sento.
Questa gente non risponde.
Non c’è nulla da fare.
Si passano la palla l’un l’altro e di riferimenti consultabili e oggettivi non te ne danno.
Ti lasciano lì e sperano che tu ti perda d’animo e non rompa più i c… forse?
oppure, visto che il cancro ce l’hai, magari… ci pensa lui a toglierti di mezzo…

CCF09032013_00000

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IL GIUDIZIO DI IDONEITÀ PER I LAVORATORI ESPOSTI ALLE RADIAZIONI IONIZZANTI: ASPETTI CRITICI
di Roberto Moccaldi, Cnr Roma

Di seguito il testo del lavoro del dr Moccaldi.

Le CONSIDERAZIONI sono della sottoscritta, TSRM, in balia di “scienza e coscienza” e “buona prassi”, inosservanza di normative e schiacciata dalla “casta bianca” di medici che si pongono al di sopra della legge e, a mio parere, inadempienti, oltre che arroganti e un po’ troppo prepotenti… che fa anche la rima…
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In caso di diagnosi di tumore è essenziale un’accurata valutazione di tutta la storia dosimetrica del soggetto, talvolta di difficile raccolta sulla base dei dati trascritti in cartella.
E’ utile, in tal caso, la collaborazione dell’EQ per ottenere le singole dosi di ogni anno, anche per la successiva valutazione della PC (Probabilità of Causation).

CONSIDERAZIONI
Come agire se i dati raccolti in cartella risultano confusi, manomessi, dubbi?

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La storia dosimetrica sarà inoltre importantissima per definire le reali possibilità di future esposizioni in caso di decisione di concedere nuovamente l’idoneità; ben diversa sarà la valutazione per un radiologo con una storia di 1 mSv/anno (o meno), piuttosto che per un medico interventista con dosi che possono superare i 10-15 mSv/anno.

CONSIDERAZIONI
Come agire se il lavoratore ad esempio ha esercitato la professione in tempi in cui il dosimetro veniva portato SOTTO IL CAMICE? Come considerare la dose reale assorbita?

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E’ evidente che eventuali terapie radianti o radiometaboliche influiscono considerevolmente (anche se non necessariamente come si potrebbe pensare) sul successivo giudizio di Idoneità.
Ovviamente è necessario conoscere tutti i dati inerenti la radioterapia eventualmente effettuata, e non la sola dose efficace somministrata, sia per quanto riguarda la tecnica (viste le notevoli differenze di impatto con l’organismo, ad esempio, tra una terapia con fotoni, una tangenziale (mammella) con elettroni, una IORT, l’adroterapia, ecc.), sia per l’area trattata.
Anche per una terapia radiometabolica è necessario conoscere il radionuclide utilizzato, le modalità di introduzione, l’attività somministrata e, ovviamente, la dose impegnata.
Non bisogna però dimenticare che anche i protocolli chemioterapici determinano danni
in quei tessuti che presentano una notevole radiosensibilità (primo fra tutti il sistema emopoietico) creando così degli importanti sinergismi d’azione.

CONSIDERAZIONI
“Le terapie radianti o radiometaboliche influiscono considerevolmente”… Considerevolmente quanto?

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Chiaramente una diagnosi accertata di tumore comporta ricadute di ordine medico legale riguardanti soprattutto un’eventuale referto e la denuncia di malattia professionale.
I dati raccolti risulteranno pertanto utili per calcolare la PC e decidere quindi in merito (denuncia/segnalazione INAIL e inoltro del referto).

CONSIDERAZIONI
Potrebbe essere citata la norma di legge in base alla quale spetta al medico autorizzato se effettuare o meno la denuncia/segnalazione e inoltro di referto per un tumore, cioè malattia tabellata, lista I, gruppo 6, per cui, in base all’art. 139 d DPR n. 1124/65 esiste OBBLIGO DI DENUNCIA?

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La stessa valutazione della PC fornirà un valido aiuto nella decisione in merito al giudizio
di idoneità da formulare, anche se non nell’immediato, sicuramente in caso di guarigione clinica e rientro.
E’ ovvio che, in caso di definizione positiva di malattia professionale, da parte dell’INAIL, il lavoratore deve essere considerato non idoneo, poiché, soprattutto in questo caso, ogni
ulteriore esposizione sarebbe (teoricamente) considerata indebita e potenzialmente
dannosa nell’evoluzione della malattia stessa.
Ciò anche nel caso di riconoscimento di malattia professionale a seguito di segnalazione/denuncia che non ha interessato il medico autorizzato incaricato (che aveva valutato il nesso di causa come non ipotizzabile).

CONSIDERAZIONI
Si ripete domanda: potrebbe essere citata la norma di legge in base alla quale spetta al medico autorizzato se effettuare o meno la denuncia/segnalazione e inoltro di referto per un tumore, cioè malattia tabellata, lista I, gruppo 6, per cui, in base all’art. 139 d DPR n. 1124/65 esiste OBBLIGO DI DENUNCIA?

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La procedura INAIL
È una decisione non scevra di critiche; in alcuni casi (è successo specialmente in passato) il riconoscimento può non rispettare le attuali conoscenze scientifiche, si pensi ad esempio ai casi di riconoscimento, come radioindotti, del Linfoma di Hodgkin o della LLC (per non parlare delle piastrinopenie).
Sicuramente il medico di radioprotezione le considererà come non radio-inducibili (non aveva fatto segnalazione e referto), ma i risvolti medico legali tendono comunque verso tale scelta (della non idoneità).

CONSIDERAZIONI
Si ripete domanda: potrebbe essere citata la norma di legge in base alla quale spetta al medico autorizzato se effettuare o meno la denuncia/segnalazione e inoltro di referto per un tumore, cioè malattia tabellata, lista I, gruppo 6, per cui, in base all’art. 139 d DPR n. 1124/65 esiste OBBLIGO DI DENUNCIA?

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MALATTIA PROFESSIONALE NON RICONOSCIUTA
Malattia ritenuta “non professionale”, e quindi non radioindotta, da medico di radioprotezione, e anche da INAIL: in questo caso il giudizio è eminentemente clinico.
In tali circostanze, il giudizio dovrà tener conto, oltre che dello stato di salute, sia delle
reali condizioni di esposizione, sia di elementi psicologici, socio-economici e professionali
relativi al lavoratore.
Si tratta di una evenienza oggi, fortunatamente, possibile in un’alta percentuale dei casi.

CONSIDERAZIONI
Non riconosciuta non sempre corrisponde a non radioindotta, Dipende dalla regione di residenza di medici e lavoratore, oltre che da altri casuali fattori…
La frase non è di facile comprensione? Cosa significa “fortunatamente”?

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È questo il tipico caso in cui si pone la questione, con le premesse del precedente paragrafo, di formulare nuovamente il giudizio di Idoneità al rientro al lavoro del
lavoratore ammalato.
In questo caso è evidente la necessità di acquisire tutta la documentazione clinica, possibilmente dell’oncologo, attestante lo stato della malattia
Dopo una attenta valutazione, quindi, in caso di guarigione clinica, potrebbe essere espresso anche un giudizio di idoneità con prescrizioni, che dovrà essere sostanziato
e ben motivato.
Normalmente la visita medica in radioprotezione termina con il paragrafo Conclusioni.
Si tratta di un aspetto importante, esso oltre a riportare la sintesi clinica, descrive, se necessarie, le valutazioni che hanno portato a emettere un determinato giudizio di idoneità. È quindi ancor più necessario che, in caso di un giudizio di idoneità critico, le conclusioni siano ben dettagliate e motivate; può essere pertanto utile predisporre una relazione di radioprotezione in cui, oltre a tutte le valutazioni cliniche, sia riportato tutto l’excursus razionale compiuto dal medico per addivenire al giudizio formulato.

Chiaramente tale relazione diventerà un allegato del Documento Sanitario Personale e come tale visionato anche dal lavoratore, che appone la propria firma sul DSP stesso.

CONSIDERAZIONI
Ricordo che il lavoratore appone la firma solo per “presa visione”, La firma non convalida quanto deciso dal medico.

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Non possono essere dettati dei criteri certi per la formulazione del giudizio, tutto è lasciato alla Scienza e Coscienza del medico di radioprotezione: ogni soggetto è diverso, ogni esposizione lavorativa è diversa. In sintesi si tratta del vecchio concetto di personalizzazione
della radioprotezione.
L’invito è quello di non eccedere in radioprotezione, o meglio in auto-protezione del medico; bisogna sempre considerare le professionalità che con giudizi avventati di non idoneità
Potrebbero essere lese. La tutela del lavoratore deve essere intesa sempre diretta verso
l’integrità psicofisica dello stesso, non va quindi dimenticato il benessere psichico.

CONSIDERAZIONI
Chi garantisce che il medico autorizzato agisca in Scienza e Coscienza?
Mi pare esista il Decreto n. 488 del 2001, con relativo allegato che indica le patologie cui prestare particolare attenzione.
Ad esempio, se un lavoratore radio-esposto ha sviluppato nel corso della carriera lavorativa più patologie gabellate, come dovrebbe agire il medico autorizzato in Scienza e Coscienza?

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Quindi la non idoneità deve essere riservata ai casi in cui una successiva esposizione potrebbe, anche solo probabilmente, determinare un danno. Invece, in tutti i casi in cui esiste una fondata convinzione che ciò non sia possibile, è buona prassi concedere l’idoneità con eventuali prescrizioni.

CONSIDERAZIONI
Chi garantisce la buona prassi?
Forse è utile ancora il Decreto n. 488 del 2001, con relativo allegato che indica le patologie cui prestare particolare attenzione.
Ad esempio, se un lavoratore radio-esposto ha sviluppato nel corso della carriera lavorativa più patologie gabellate, quale è la buona prassi?

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Certo, purtroppo non si può dimenticare l’auto-tutela legale, ma essa può ben essere attuata con valide motivazioni scientifiche esplicate nella relazione di radioprotezione, redatta in tempi non sospetti e quindi scevra da sospetti di valutazione “ex post” per puri scopi di difesa.

CONSIDERAZIONI
Cosa può pensare e come può agire il lavoratore scoprendo che il medico autorizzato, in associazione con esperto qualificato compiacente, redige la relazione “in tempi sospetti” e quindi non scevri da sospetti di valutazione “ex post” per puri scopi di difesa?

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La “dose personalizzata”
Al di là di evidenti problemi matematico/epidemiologici, stante le finalità indicate dall’ICRP
(attuazione del “Sistema pratico della protezione dalle radiazioni”, cioè dei “Principi”) l’uso dei coefficienti nominali di rischio per altri scopi (come ad esempio questo, ma soprattutto
per calcolare il numero dei casi di neoplasia a seguito di una irradiazione, magari utilizzando la dose collettiva) è SCORRETTO nei presupposti, nel metodo, e quindi nell’uso
dei risultati.

CONSIDERAZIONI
Cioè? Cosa sarebbe in soldoni scorretto?

index

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