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Libretto delizioso con testo e illustrazioni di Mabel Lucie Attwel,della casa editrice Piccoli Milano, collana Il girasole

Quando ABBANDONI o comunque NON TI CURI DI UNA CREATURA che hai scelto o ti è stata affidata crei una scia di sofferenza e difficoltà che solo la bontà e la buona volontà di altri da te potranno interrompere. Pensaci, se sei capace!
Da poco tengo in stallo gatti.
Sino a ora ho adottato gli animali recuperati per strada e quelli che cercavano adozione.
Da gennaio a oggi, da quando tengo in stallo, nel mio piccolo, ho avuto la prova concreta dell’incuria dell’uomo nei confronti delle piccole creature in difficoltà.
Gatto maschio adulto, non castrato, soccorso perché trovato in stato di letargia, con una ferita all’occhio e una brutta diarrea, poi rivelatasi dovuta a giardia.
La giardia è stata curata e così l’occhio malato, salvato ma rimasto segnato da una lesione. Ora il gatto è con una famiglia straordinaria. Ma le cure hanno un costo, non solo in termini economici. Chi tiene in stallo animali soffre per loro e si preoccupa di fare le giuste scelte, di offrire le migliori cure. Si preoccupa di trovare le persone giuste cui affidare le creature salvate.
Gatta di circa 8 mesi, non sterilizzata, recuperata con mammelle gonfie di latte, dopo circa 3 giorni che si aggirava miagolando tra le case. Non sappiamo che fine abbiano fatto i piccoli. La gatta per giorni ha pianto. Giorni di lamenti, per il dolore alle mammelle? Per il trauma dell’abbandono? Per i piccoli strappati alle sue cure?
Non lo sapremo mai.
La gatta è sicuramente provata e lo stesso vale per me che l’ho assistita, somministrando farmaci e sottoponendola alla sterilizzazione e alle vaccinazioni che un’associazione pagherà. E le associazioni non hanno fondi infiniti!
Due gattine di circa 2 mesi, recuperate da persone che non le hanno sapute gestire e che se ne sono volute poi liberare in quattro e quattr’otto.
Le gattine sono sorelle ma una di loro è circa la metà dell’altra perché affetta da una brutta rinotracheite mal curata.
Invito i più curiosi a leggere qualcosa di sintetico su questa malattia virale assai diffusa tra i cuccioli di gatto:
http://www.canigattieco.com/gatti/malattie-gatti6de6.html?id_articolo=61
Se si verificano complicazioni, specialmente in gatti molto giovani, si potranno avere cheratite, ulcere corneali, simblefaro (aderenza della congiuntiva con se stessa o con la cornea lesionata) e il prolasso permanente della terza palpebra”.
La piccolina, dopo circa 20 giorni di cure e un intervento all’occhio, ancora deve essere medicata 3 volte al giorno e a giorni alterni dal veterinario.
L’impegno in termini economici e di tempo non è nulla. Non è nulla rispetto al dolore che provo ogni volta che devo prendere tra le mani questa piccola creatura e medicarla, sapendo che, pur con tutta le delicatezza del mondo, la farò soffrire.
A tutto ciò va aggiunto il fatto che noi volontarie, solitamente già “mamme” di animali nostri, dobbiamo tenere queste creature abbandonate SEPARATE dagli altri animali per un periodo che varia a seconda delle problematiche sanitarie: non si può sapere se l’animale trovato è vaccinato o se portatore di malattie infettive.
Si deve attrezzare un locale “a prova di gatto” ma solitamente si tratta di bagnetti, garage, ripostigli che non sono il massimo per un animaletto abbandonato e spesso traumatizzato.

Io sono una volontaria, stallo da poco tempo e faccio quello che posso.

Questo mio scritto non è un lamento o uno sfogo. La mia è una richiesta di aiuto! Una richiesta anche a nome di tutti quelli impegnati nel salvare animali, singoli e associazioni. AIUTATECI!!!

Siamo in tanti, volontari, appoggiati ad associazioni e non. Facciamo il possibile ma non possiamo fare l’IMPOSSIBILE! Le associazioni fanno il possibile ma non possono fare l’IMPOSSIBILE.


Quindi mi ripeto: quando ABBANDONI o comunque NON TI CURI DI UNA CREATURA che hai scelto o ti è stata affidata crei una scia di sofferenza e difficoltà che solo la bontà e la buona volontà di altri da te potranno interrompere. Pensaci, se sei capace!

Nella fotografia Chicco prima dell’enucleazione di entrambi i bulbi oculari: Chicco è stato ABBANDONATO in queste condizioni e, nonostante sia stato fatto il POSSIBILE, ora è non vedente, per colpa di chi lo ha abbandonato.

“Dietro al velo dell’obbedienza al partito, Otrochodin ha un’abitudine che si fa sentire con una certa regolarità, nonostante egli ne sia pienamente consapevole: ogni volta che incontra una persona che gli crea problemi o che semplicemente non gli piace cerca di metterla in cattiva luce davanti agli altri, i suoi complici. Così inizia a crearle dei problemi, dapprima piccoli, poi sempre più grandi, fino a farla fuori completamente. Contro di lei ‘si ha sempre ragione’. Perché sono loro i veri portatori dell’ideologia, a differenza sua. Il suo atteggiamento non va bene, non è così che ci si comporta. Sì, loro non sono nient’altro che un gruppo di delinquenti, ma la vittoria è dalla loro parte e la vittima sarà spazzata via. Perché hanno con loro il sospetto e il potere. Possono perseguitare a loro piacimento, finché non se ne saranno stancati, finché non avranno finito. È così che si costruiscono il percorso verso le alte sfere. È così che i topi diventano sovrani. Nel caso non ci sia una base politica per il sospetto da instillare, basta pensare a qualcosa di materiale. Una cosa da poco diventa presto un affare di Stato. Ci s’inventa qualcosa di scabroso, ci si ricama attorno qualche particolare convincente. Provandoci poi un particolare godimento spirituale, sentendosi degli eroi. Il sospetto come visione del mondo non può che portare all’eliminazione del sospettato, alla sua uscita di scena.”

Vasyl’ Barka, Il principe giallo, pagg. 67-68, Pentàgora Edizioni

Non ho mai scelto una cane o un gatto in base all’estetica. Mai. Mi guidano il senso materno e il desiderio di proteggere chi più ha bisogno.

Quando ho visto Chicco per la prima volta ho capito che mi cercava, mi chiamava, chiedeva di essere uno dei miei bambini. Chicco era in stallo a Messina, da Enza, una splendida volontaria, una di quelle sante persone che ogni giorno non si girano dall’altra parte di fronte a una creatura in difficoltà. Chicco era affetto da una rinotracheite trascurata e il suo musetto con quegli occhi scuri, opachi, sporgenti, malati mi conquistò per la sua Bellezza. La bellezza con la B maiuscola.

Grazie a Enza e a Sarah, una volontaria di Tradate, completate tutte le procedure di adozione, Chicco partì per Legnago, affrontando un lungo viaggio in compagnia di altre piccole creature adottate nella nostra zona.

Il primo incontro con Chicco rimane indimenticabile e non si può descrivere o almeno io non trovo parole per farlo. Mi trovai tra le braccia un piccolo gatto che, dopo un viaggio interminabile in un trasportino su un pulmino con altri animali, aveva ancora la forza di fare fusa e abbandonarsi tra le braccia di una persona praticamente estranea.

I fratelli e le sorelle adottive a casa lo accolsero con interesse misto a contrarietà e curiosità del tipo “stiamo su chi va là”, come è normale che sia prima di arrivare a una equilibrata convivenza.

Come Enza, seguitammo nella cura degli occhietti malati. Ma una rinotracheite trascurata non è facile da affrontare. Chicco e io facemmo tutto il possibile insieme: andammo da uno specialista e ci armammo di pazienza tra lavaggi, unguenti, colliri, pasticche. Finché il decorso delle gravi alterazioni oculari portò alla perforazione degli occhi e fummo costretti ad accettare una scelta radicale l’enucleazione di entrambi.

Mi sentivo colpevole per non essere riuscita a salvare i bulbi oculari, pur sapendo che comunque Chicco era non vedente. Mi domandavo se fosse stato fatto tutto il possibile, se potevo aver trascurato qualcosa di importante e soprattutto temevo che Chicco potesse avere difficoltà. Tutti mi avevano spiegato che un gatto non vedente può vivere in serenità e interagire sfruttando gli altri sensi e la memoria, ma il timore di non aver fatto tutto il possibile rimaneva. La vista di quelle due piccole cicatrici oblique era una fitta al cuore. Fino al momento in cui mi resi conto che, in realtà, Chicco dopo l’operazione in breve tempo sembrò rinascere. Tornò a giocare con maggiore libertà sua e mia, perché la sensibilità dei suoi occhi malati a ogni tipo di trauma non fu più un problema.

Il nostro Chicco imparò a muoversi con agilità e in autonomia su tre piani, utilizzando persino la scala per la soffitta a gradini alternati.

Il passo successivo fu la sterilizzazione che preferii far seguire all’intervento per gli occhi e che Chicco superò senza alcun problema.

Chicco è un gatto “normale” e “speciale” insieme. È curioso, affettuoso, indipendente, giocherellone. Passa ore seduto sul tira graffi davanti alla finestra, rivolto spesso verso il vetro, come se potesse vederci.

Dico sempre che i suoi occhi sono già in Cielo, due perle preziose, due stelle splendenti. Ma lui è qui con noi, come un piccolo angelo, il nostro angelo.

Kahlil Gibran scriveva: “Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici”. Anch’io ne sono convinta.

Molti, anzi troppi, pensano che sterilizzare gatti e cani sia “contro natura”. Raccontano che l’animale ne soffrirebbe, proverebbe dispiacere o cose del genere.

A volte, gli stessi che non sterilizzano nemmeno vaccinano, sempre per lo stesso motivo: è “contro natura”.

Ribaltiamo il concetto.

Cosa c’è di “naturale” nel sovrappopolamento e nel randagismo? Nell’abbandono, pratica barbara che io definisco disumana e subumana?

Cosa c’è di naturale nel trovare a bordo strada, accanto ai cassonetti, in mezzo alle campagne sacchetti chiusi con cuccioli agonizzanti? Scatole sigillate che nascondono l’orrore di cagnoline con il nastro attorno al muso e cuccioli sofferenti?

Cosa c’è di naturale nell’investimento di animali per cui sarà impossibile risalire a un proprietario e i cui corpi saranno destinati a essere ripetutamente travolti da auto perché abbandonati sulle strade?

Cosa c’è di naturale nell’omissione di soccorso dopo aver investito una creatura di Dio?

Cosa c’è di naturale nelle sofferenze e nelle morti di cani e gatti randagi perché non soccorsi, non curati, non accuditi, non vaccinati?

La sterilizzazione è l’unico modo per arginare la sovrappopolazione e adoperarsi contro il randagismo.

La sterilizzazione previene i tumori mammari e dell’utero, il cancro ai testicoli e alla prostata.

Nei gatti la sterilizzazione riduce il rischio di contagio da malattie virali come Fiv e Felv, trasmissibili attraverso l’accoppiamento.

I gatti e cani sterilizzati tendono ad allontanarsi meno da casa, con conseguente riduzione di pericoli come incidenti stradali e aggressioni da parte di altri animali.

La sterilizzazione aiuta la convivenza, riducendo i disagi collegati al periodo di fertilità.

La vaccinazione è una “pratica salvavita” che si basa sul concetto di “immunità di popolazione”.

Lo scopo non è solamente quello di proteggere il singolo animale da malattie potenzialmente mortali, ma di ridurre la prevalenza di una determinata malattia nella sua area di pertinenza.

Tanto più è alta l’immunità di popolazione, tanto minore sarà la possibilità di epidemie che colpirebbero non solo soggetti non vaccinati, ma anche animali che, pur vaccinati, non sono riusciti a creare un’immunità protettiva sufficiente, quelli che definiamo i più “fragili”.

Termino con alcune domande e pochi numeri.

Chi non sterilizza, non vaccina, non accudisce i propri animali si è mai chiesto per quale motivo debbano essere altri, istituzioni e volontari o anche solo persone di buona volontà e di buon cuore, a farsi carico della mancata responsabilità altrui?

Si è mai fatto domande sulla sofferenza di queste creature trascurate, perse, abbandonate, malate, investite, malnutrite, talvolta maltrattate e vittime di abusi e soprusi?

La “natura” termina dove l’uomo mette le mani. Ognuno si prenda le proprie responsabilità!

Per finire, le cifre e i dati del randagismo…

https://www.oipa.org/italia/randagismocifre/.

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Svegliatevi!?

Svegliatevi! Aprite gli occhi! Possibile non vediate ciò che accade!?

Praticamente quasi tutte le omelie di no vax, no mask, no tutto, iniziano o finiscono con queste parole. Perché, mi chiedo…?

Ogni informazione io, a meno che non sia chiaramente impossibile, la verifico cercando studi, dati, riferimenti attendibili e concreti.

Un titolo o un articolo di giornale, il discorso di un politico e di un attivista a un comizio, di un tronista o un opinionista, per intenderci, non sono riferimenti attendibili.

Possono essere uno stimolo per approfondire ma NON SONO DATI ATTENDIBILI.

Detto ciò, ogni volta che mi sono lasciata incuriosire da messaggi, anche anonimi, diffusi in rete e da discorsi di no tutto, ho trovato, dietro la facciata, venditori di prodotti vari, legati a società o personaggi in cerca di fama.

Tutto documentato perché, anche se non pare, ogni mattina mi sveglio… più o meno…

“Levis est dolor qui loquitur, magnus muta”.

Seneca

Di questo momento mi fa soffrire il silenzio a cui sono costretti i malati perché isolati dai propri cari, dagli affetti.

E non c’è saluto per chi ci lascia. Trovo tutto questo spietato.

In questo periodo di incertezza e paura il tempo assume una dimensione particolare.

Non mi pesa dover stare a casa perché la mia casa è un nido e ci sto benissimo.

Mia figlia studia nella stanza accanto. Ginger, il nostro cane mi osserva dal divano e quattro gatti sornioni cercano a turno carezze e regalano fusa a profusione.

Con le persone care ci si sente spesso al telefono, anche con mia figlia tanto lontana.

Dopo il lavoro all’ospedale con mio marito si ritorna e tanto si può fare ancora.

Se apro la finestra posso vedere il cielo e la natura in fiore.

La Vita e soprattutto le Difficoltà e la Malattia mi hanno insegnato a camminare a piccoli passi, procedendo per piccole mete, talvolta nemmeno quotidiane ma fissate di ora in ora. Si può andare lontano anche senza correre.

Mentre tante persone come me lottano per la Vita, devo e posso essere felice anche solo per l’aria che respiro…

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Questa la lettera pubblicata sul British Medical Journal, scritta da un gruppo di medici italiani impegnati nella cura dei pazienti affetti da coronavirus.

L’ho tradotta dall’inglese e non sono molto ferrata in materia, ma è comunque ben comprensibile il messaggio.

Il titolo: I medici italiani chiedono di proteggere gli operatori sanitari e di rafforzare la sorveglianza della comunità durante l’epidemia di Covid-19

“Mentre l’Italia sta vivendo una situazione drammatica a causa della diffusione dell’infezione da Covid-19, sembra che possiamo fare di più per proteggere i medici e tutti i lavoratori dell’ospedale, inclusi infermieri, terapisti, tecnici e personale di supporto.

Oltre ai rischi personali che i medici e gli operatori sanitari stanno affrontando direttamente – evidenziati dalla morte del primo medico di medicina generale e delegato nazionale per la formazione medica continua Dr. Roberto Stella a Varese – gli ospedali e il personale medico rappresentano un possibile veicolo di diffusione dell’infezione da Covid-19. [1]

Il New England Journal of Medicine ha affrontato il problema dell’enorme percentuale di soggetti infetti che rimangono asintomatici e il loro ruolo nella diffusione delle epidemie. [1]

Allo stesso tempo, come sottolineato dal direttore generale dell’OMS Tedros Ghebreyesus, è stato dimostrato che in Cina circa il 41% dei casi di Covid-19 confermati a Wuhan derivava da una trasmissione correlata all’ospedale. [2]

Un modello incentrato sull’ospedale si è dimostrato inadeguato nell’affrontare l’epidemia di coronavirus. In realtà, le epidemie devono essere contrastate attraverso una sorveglianza della comunità ben pianificata a livello locale, identificando e isolando a casa casi sospetti o sintomatici. Ciò è diventato evidente poiché interi ospedali in Italia sono stati chiusi a causa della diffusione dell’infezione tra un certo numero di medici e infermieri.

Al 22 marzo, 4824 operatori sanitari erano stati infettati dal nuovo coronavirus (9% dei casi totali) con 24 medici morti: queste cifre sono peggiori di quelle osservate in Cina (3300 operatori sanitari infetti e 23 medici morti).

Emerge che la protezione degli operatori sanitari è un fattore cruciale sia per il controllo dell’epidemia sia per continuare a fornire tutte le cure necessarie alle persone con infezione da Covid-19, nonché a tutti gli altri pazienti che necessitano di trattamenti a casa o in ambiente ospedaliero. [3]
Oltre a un’adeguata fornitura urgente di dispositivi di protezione delle vie respiratorie e di abiti monouso, che sono inaccettabilmente ancora carenti nel mezzo delle epidemie, proponiamo di fornire almeno a tutti gli operatori sanitari sintomatici test a risposta rapida – registrati presso il Ministero della Salute italiano – che presentano una capacità del 100% di rilevare casi negativi (altissima specificità) e rendono disponibile il risultato in un tempo compreso tra 15 e 45 minuti, a seconda dei diversi prodotti.

Questi test a risposta rapida dovrebbero essere sistematicamente forniti almeno agli operatori sanitari che mostrano qualsiasi possibile sintomo di infezione da Covid-19 (anche lieve e in assenza di febbre), nonché a coloro che sono noti per essere stati in contatto con casi sospetti o confermati. In questo modo, i servizi sanitari saranno sicuri che il personale con risultati negativi possa iniziare a lavorare in ospedale, ambulatori o strutture di assistenza a domicilio e a lungo termine per anziani e pazienti critici. I test a risposta rapida eseguiti su operatori sanitari devono essere confermati da tamponi faringei (due volte nella stessa settimana) e testati con le metodologie più affidabili basate sulla PCR, i cui risultati vengono generalmente forniti entro 48 ore”.

Di seguito il link per la lettura del testo in inglese.

https://www.bmj.com/content/368/bmj.m1065/rr-5

Provetta

I riferimenti

1. Rosenbaum L. Facing Covid-19 in Italy—Ethics, Logistics, and Therapeutics on the Epidemic’s Front Line. New England Journal of Medicine. 2020 Mar 18.
2. Wu Z, McGoogan JM. Characteristics of and important lessons from the coronavirus disease 2019 (COVID-19) outbreak in China: summary of a report of 72 314 cases from the Chinese Center for Disease Control and Prevention. JAMA 2020 February 24
3. Chang D, Xu H, Rebaza A, Sharma L, Dela Cruz CS. Protecting health-care workers from subclinical coronavirus infection. Lancet Respir Med 2020;8(3):e13-e13.

Gli autori

Filippo Anelli, President of the Italian Federation of Medical Professional Associations (FNOMCEO), Rome

Cosimo Nume, Medical Professional Association (OMCEO) of Taranto

Prisco Piscitelli, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Alessandro Miani, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples, Italy – Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Roberto Carlo Rossi, Medical Professional Association (OMCEO) of Milan

Ernesto Burgio, Medical Professional Association (OMCEO) of Palermo

Donato De Giorgi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Luigi Peccarisi, Medical Professional Association (OMCEO) of Lecce

Ivan Gentile, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Division of Infectious Diseases, University Federico II, Naples

Maria Triassi, UNESCO Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples – Director of Public Health Department, University Federico II, Naples

Annamaria Colao, Chair on Health Education and Sustainable Development, Federico II University, Naples