23 aprile
È giorno di analisi.
Inizia la stadiazione che non è una gara sportiva e non si svolge in uno stadio, ma serve a verificare l’eventuale diffusione della malattia.
Me la vedo, la bastarda, un inquilino abusivo. Quante stanze avrà occupato, zitta zitta, senza dare nell’occhio?
Nel mio caso l’indagine comprende una scintigrafia ossea e un’ecografia addominale.
Oggi mi sottoporrò alla scintigrafia, un esame che richiede l’iniezione di un radioisotopo che andrà a “fissarsi” alle ossa evidenziando eventuali metastasi. L’intervallo tra l’iniezione e la rilevazione del radioisotopo è abbastanza lungo.
Tento di convincere Paolo a non accompagnarmi, ricordandogli che nel periodo d’attesa non potrà stare con me. Mio marito non sente ragioni. Giungiamo nel servizio di medicina nucleare in anticipo e attendiamo il nostro turno.
Anche qui incontrerò un collega, ma ho deciso che mi presenterò dall’inizio come tale.
Ho portato il diario ed Emily. Mi conforta tenere tra le mani un libro di poesia.
Altre persone siedono nella grande stanza senza finestre dove un televisore acceso troneggia. Ci osserviamo a vicenda.
Quando vengo chiamata, mi fanno accomodare nella saletta per l’iniezione del radioisotopo. Il medico, una donna, non è molto affabile e dà l’impressione di avere fretta.
– Non è incinta? – domanda, ponendomi dinanzi il consenso che dovrò firmare. So che la domanda è di prassi, ma l’effetto è devastante.
– No, non sono incinta, – riesco a balbettare. Poi scoppio a piangere.
– Signora, – mi riprende il medico. – È solo un’iniezione. Non avrà paura di un ago così sottile?
Mi mostra la siringa e, senza troppi preamboli, tenta di prendere il vaso sanguigno. La vena si rompe, una volta, una seconda volta. Comincio a tremare, mentre il medico, spazientito, mi redarguisce.
La ragazza al suo fianco, una mia collega, è imbarazzata e non dice nulla. Io sono troppo avvilita per ribattere. Subisco la sgarberia, sperando che tutto finisca al più presto.
Vengo accompagnata nella sala per i pazienti iniettati, ognuno con le bottigliette d’acqua da bere. In breve ci ritroviamo in quattro e, a turno, si va in bagno. Agitata come sono, faccio pipì ogni quarto d’ora.
Due signore divagano in discorsi e sono soprattutto seccate dal tempo d’attesa.
Un signore, un bel signore di una certa età entrato dopo di me, siede quieto sulla poltroncina.
Rimaniamo soli, lui e io, a un certo punto, e iniziamo a parlare. Mi accenna alla sua storia e al timore che la malattia sia passata alle ossa. Quando gli racconto di me, con tenerezza esclama: – Ma è così giovane! Le auguro che tutto vada per il meglio.
Lo vorrei abbracciare. Sembra un pulcino appena uscito dal guscio, ma potrebbe essere mio padre e siamo sulla stessa barca, con la vela un po’ sbilenca e senza una rotta definita. Quando mi chiamano si raccomanda:
– Sia forte e non si dia mai per vinta.
La collega mi sistema sul lettino, domanda dove lavoro e mi rassicura. Sto immobile per il tempo richiesto, ma le lacrime riprendono e non le posso fermare.
Mentre il rilevatore scorre sopra di me, penso al mio nuovo stato: sono una paziente oncologica in cura per una neoplasia.
Sono dall’altra parte e me ne rendo conto ogni giorno di più. Sono in realtà da entrambe le parti, ma mi sento solo malata.
Ho tanta paura, nonostante ciò che racconto agli altri, ho paura di non farcela e che il male abbia la meglio, paura di non essere all’altezza e di mostrami debole.
Sono giovane e credevo di avere tanto tempo davanti. Questa malattia mi costringe a fare i conti con l’idea della morte.
Ho bisogno di pensare che qualcuno mi può capire senza compiangermi e avrei bisogno di riposare, ma ora è tempo di battaglia.
Ti capisco perfettamente. Quello che racconti è un film già visto, purtroppo già provato.
Ti sono vicina.
Un abbraccio
Anna cara, quello che racconto purtroppo è il film di tante donne come noi. Il mio incontro e il diario che sto pubblicando un po’ alla volta sono del 2007 ma non avevo avuto allora il coraggio di condividere tanto dolore… Ora sento il bisogno di raccontarlo… Ti sono anch’io vicina. Abbraccio
Continua a sperare, anche se le difficoltà sono tante.
Continua ad essere curiosa, anche se non succede niente di nuovo.
Continua a credere nell’amore, anche se il tuo cuore è ferito.
Continua a dar fiducia agli altri, anche se qualcuno ti ha tradito.
Continua ad aiutare le persone, anche se non sempre ricevi gratitudine.
Continua a sperare, anche se le cose vanno male.
Continua a perdonare, anche se vorresti fare diversamente.
Continua a provarci, anche se trovi le porte chiuse.
Continua ad essere te stessa, anche se gli altri ti vorrebbero diversa.
Continua a credere nei tuoi ideali, anche se sei solo tu a farlo.
Continua a portare il bene, anche se intorno vedi il male.
Continua a batterti per quello che è giusto, anche se vedi solo ingiustizie.
Continua a dare il meglio di te, anche se gli altri non lo fanno.
Continua ad amare, anche se non vedi amore. Niente verrà perso. Verrai ripagata di tutto… perché sarai vicina alla tua anima.
(Simona Oberhammer)
Io me la leggo molto spesso per sopravvivere alle cattiverie che vivo ogni giorno, anche sul lavoro…….ma è molto dura. Io come te, dopomil cancro, posso dire grazie solo alla mia famiglia c’e a pochissimi amici c’e mi sono state vicine (una mano avanza). Un bacione
ho letto che ti piacciono i gatti,ed hai anche una bella raccolta;io invece li dipingo.se ti può far piacere vorrei inviartene uno…..ma se non ti piace……?!
temo di aver fatto un errore …..perchè ancora non conosco in modo approfondito il computer……ma prendo lezioni….Ecco io desideravo inviare il mio quadro alla ragazza che è protagonista e racconta quanto le accade per via della sua grave malattia.penso invece di aver fatto la mia proposta alla sig.rosanoci …..mi perdoni e se le è possibile ,può parlarne alla ragazzina in questione,se le piacciono i gatti ,.mi perdoni !olga laura
Olga cara, che dire della tua dolcezza! rosanoci è quella ragazzina e tu non hai fatto nessun errore… perché Rosa Noci sono anche io! E amo i gatti e tutte le creature…
Quelle che sto pubblicando sono le pagine del mio diario e risalgono al 2007, anno del mio intervento e delle cure per un cancro al seno. Nel 2008 ho pubblicato un piccolo libro, Diario piccolo, che raccoglie miei ricordi d’infanzia, i ricordi che mi hanno aiutato a superare la malattia.
Il diario invece lo pubblico un po’ alla volta sul blog perché non ho l’energia per “seguire” da sola (come ho fatto con Diario piccolo) un nuovo testo.
Non sono una scrittrice ma credo nella scrittura come terapia di supporto e soprattutto sono convinta che la comunicazione e la condivisione delle esperienze vissute sia terapeutica.
Leggere che una persona che nemmeno conosci e vive lontano da te ha vissuto e vive le tue stesse sensazioni e ti può capire, è davveri d’aiuto quando il dolore èpare isolarti dal resto del mondo…
Se vuoi inviarmi una foto dei mici che dipingi la pubblichiamo sul blog!!! e la condividiamo con tante altre persone che amano i mici…
Nella foto pubblicata ho 14 anni, oggi ne ho compiuti 52… e il tuo pensiero per me è stato uno stupendo dono !!! Grazie!!!
Bellissime le tue parole, Anna… È vero che molte cose cambiano dopo la malattia e spesso il mondo del lavoro raggiunge una ferocia che nemmeno un animale riuscirebbe a mostrare… Teniamo duro…